L’autolesionismo del prelevamento soci

Una pessima abitudine, soprattutto nelle società di persone, è il prelevamento soci.

Nelle società di capitale deve essere regolamentato e se non corrisponde ad utile effettivamente maturato a fine esercizio deve essere ripianato.

Nelle società di persone, complice la maggior elasticità formale e la maggior confusione tra persona e azienda, purtroppo è spesso cattiva abitudine.

In tali aziende l’art 2303 del Codice civile cita: è vietato farsi luogo a ripartizione di somme se non per utili realmente conseguiti.

Questo di norma sempre e comunque, quindi sono sempre vietati acconti sugli utili a meno che vi sia una specifica clausola.

Anche in presenza di tale clausola l’operazione non è automaticamente da ritenersi valida e opportuna, occorre che effettivamente tali utili poi si realizzino.

In caso contrario, a meno di un ripianamento, si incorre nella distrazione illecita di attività sociali.

Suddetti prelievi inoltre vanno a sottrarsi al patrimonio netto determinando un deterioramento di tutti i parametri aziendali.

Le conseguenze possono essere molto gravi, da un mancato rinnovo delle linee di credito, alla chiusura dei rapporti di conto corrente sino al fallimento della società.

In quest’ultimo caso vi è responsabilità giuridica, e revocatoria a parte di tutte le somme prelevate, vi sono risvolti penali da non sottovalutare.

Nel reato di bancarotta fraudolenta (art. 216 L.F.) una delle tre diverse tipologie è quella patrimoniale di cui la distrazione è la condotta più ricorrente.

Non si pensi inoltre di poter portare avanti tale malpratica, anche in presenza di utili, in modo da evitare di versare quanto più possibile al fisco i contributi, dall’erario, in presenza di regola e continuità verrebbe interpretato ciò come pagamento “in nero”, con tutte le conseguenze del caso.

Come ovviare?

I casi sono due, o esiste la possibilità di aspettare a fine esercizio e prelevare tutti gli utili ripartendoli tra i soci in modo corretto e ufficiale, remunerando quindi il proprio lavoro una volta all’anno con gli utili effettivamente conseguiti, o remunerarsi come amministratori con regolare cedolino, o un mix tra le due opzioni.

Evitiamo di fare come Tafazzi e mettiamo in ordine i nostri conti, ne guadagnerà l’azienda e ne guadagnerà l’imprenditore.

Articolo di Marco Simontacchi

31/01/22