Conosciamo meglio il Regolamento EBA…

Dal 1° gennaio 2021 è entrato in vigore il Regolamento EBA: basterà uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in default e diventare cattivo pagatore anche se è la prima volta. Lo sconfinamento deve superare la “soglia di rilevanza”, cioè superare contemporaneamente sia una soglia assoluta, 100 o 500 euro, se si è privato nel primo caso, se si è impresa nel secondo, sia una relativa, 1% dell’esposizione totale; inoltre lo sconfinamento deve protrarsi per oltre 90 giorni consecutivi.

Il cliente rischia di finire segnalato nel sistema per effetto di una nuova classificazione di default.

A partire dal 1° gennaio 2021, gli intermediari devono classificare in stato di default il cliente che non adempia per tre mesi alle proprie obbligazioni creditizie vantate dal gruppo bancario o finanziario nei suoi confronti qualora l’ammontare dell’inadempimento sia superiore sia a 100/500 euro sia all’1% del totale delle obbligazioni creditizie complessivamente vantate dalla banca.

Addio all’opportunità, o malvezzo, degli sconfinamenti tollerati per addebitare utenze o stipendi, d’ora in poi sarà concesso solo dietro pattuizione con l’Istituto di Credito con apposita procedura e commissioni di istruttoria veloce (CIV) che comunque richiede dei tempi e delle modalità che dovremo concordare a priori contrattualmente.

Nel caso accada di essere segnalati a default non è automatico il passaggio a sofferenza in centrale rischi, segnalazione che invece scatta qualora l’Istituto di Credito ritenga che il debitore abbia difficoltà oltre il temporaneo a rientrare dei propri debiti.

Risulterebbe grave avere la segnalazione di default compromettendo l’accesso al credito futuro e i rinnovi dell’esistente, mentre comprometterebbe la sopravvivenza nell’immediato dell’Azienda stessa il passaggio a sofferenza, che creerebbe un effetto domino su tutti i rapporti affidati presso tutti gli Istituti in essere determinandone la richiesta di rientro.

È quindi essenziale avere un controllo sulla gestione della tesoreria con una pianificazione finanziaria dei flussi almeno a sei mesi, non solo sulla cassa totale ma soprattutto per conto e per scadenza.

Sarà sempre più difficile mettere una pezza a una disattenzione a posteriori e sempre più necessario avere un ferreo controllo della propria gestione finanziaria con più piani di gestione di eventuali crisi di liquidità da porre in atto anticipatamente.

Noi siamo pronti, Voi?

Fonte: Il Sole 24 ore

Articolo di Marco Simontacchi

25/10/2021

Come superare la crisi di liquidità (in 6 mosse)!

Uno tra i maggiori effetti collaterali della crisi attuale è la mancanza di liquidità, dovuta da un lato dal crollo dei fatturati e dall’altro dai mancati o ritardati pagamenti dei propri clienti.

Come sempre dobbiamo decidere se rimanere spettatori o agire da protagonisti.

Con sei mosse possiamo ribaltare la situazione e garantire all’azienda quei cash flow necessari per assicurare la continuità aziendale.

  1. Monetizza i crediti:

Va riconsiderata la politica delle dilazioni di pagamento, offrire uno sconto a chi paga cash e chiedere la cessione del credito a chi chieda dilazioni di pagamento oltre i 30 giorni.

Nel primo caso incasseremo massimo a 30 giorni se fatturiamo entro fine mese, nel secondo potremo avvalerci di strumenti finanziari che anticipino pro soluto le nostre fatture, evitandoci anche le seccature dei ritardati pagamenti o degli insoluti. Esistono strumenti classici ma anche innovativi sul mercato adatti ad ogni esigenza di chi abbia un sano portafoglio clienti.

  1. Ottimizza i costi sia fissi che variabili.

Tagliare i costi indiscriminatamente non è una buona idea, si rischia di tagliare investimenti produttivi e di ridurre la possibilità di generare fatturato.

Molto meglio armarsi di pazienza e attenzione al dettaglio e mettere sotto alla lente ciascuna voce di spesa. Tagliare tutte quelle voci, magari accumulate per abitudine, che non hanno più senso ad esistere, tutte le altre revisionarle. Tagliare di pochi euro al mese un costo può sembrare ininfluente, ma tanti tagli di pochi euro diventano un flusso significativo, tale da riportare magari un segno positivo nei parametri di redditività.

  1. Rinegozia con tutti i fornitori i prezzi, magari garantendo pagamenti cash, sempre che si sia lavorato bene al punto 1, o concedendo la cessione del credito, oppure attivare un reverse facendo anticipare il nostro pagamento da terzi con cui regoleremo il flusso a scadenza. In ogni caso porre attenzione a che i giorni di incasso medio siano inferiori a quelli di pagamento, genereremo un ciclo di rotazione di cassa positivo.
  2. Pianifica la produzione nei limiti del possibile e in base a ciò fare il minimo indispensabile di magazzino. Occorre avere chiaro il proprio ciclo produttivo, la previsione di vendite almeno a tre mesi e un sistema di gestione del magazzino FIFO con controllo costante delle movimentazioni.
  3. Fare cassa con tutto ciò che non è indispensabile.

Dopo aver fatto un accurato inventario chiedersi cosa abbiamo che in realtà non serve o è in eccesso, sia di beni che di macchinari, e realizziamo il valore vendendoli. A volte teniamo attrezzature che usiamo solo saltuariamente dovendo comunque manutenzionarle, quando un buon terzista potrebbe supplire in quelle occasioni a un costo più basso che a fare in proprio.

  1. Applica un controllo di gestione della tesoreria.

Tieni costantemente aggiornato un previsionale almeno a sei mesi dei flussi di cassa che parli con un business plan annuale costantemente aggiornato a ogni chiusura mensile. Si avrà sempre chiaro il fabbisogno finanziario e dove l’azienda stia dirigendosi.

Se ci si accorge che i numeri non tornano si deve agire sul piano industriale, rivedere i costi per abbassare il punto di pareggio, vedere di aumentare il fatturato, portare quei correttivi che rimettano in carreggiata l’azienda. Non ci si indebita per coprire un buco, ci si finanzia per investimenti produttivi.

Se tutto è in ordine sfruttare ogni occasione per fare investimenti coerenti con il piano industriale atti a far crescere in modo sano e stabile l’azienda.

Se siamo stati virtuosi in queste sei mosse ci troveremo entro un paio di esercizi ad avere più cassa del fabbisogno, potremo sfruttare ciò a nostro vantaggio, andando a lavorare con i mezzi propri sulla rotazione di cassa eliminando gradualmente i finanziamenti di terzi non mirati a investimenti. Con grande vantaggio dell’indipendenza finanziaria, del rating, della remunerazione del core business che sarà tutta a favore del capitale proprio anziché di quello di terzi e non ultimo aumentare il ritorno sugli investimenti.

Noi ci siamo.

Articolo di Marco Simontacchi

19/10/2021

Crisi d’impresa: quali le cause principali?

Nel 2018 sono fallite 11.277 aziende, in calo del 7% rispetto al 2017 e il minimo toccato dopo il picco del 2014. I miglioramenti hanno riguardato tutta l’economia, ma con tendenze in forte frenata nell’industria (-3% contro il -18,6% dell’anno precedente) e nelle costruzioni (-6,2% contro -16,4%). Nel 2018 il calo dei fallimenti è proseguito nella maggior parte delle regioni italiane.

Nel 2018 è proseguito, per il quarto anno consecutivo, il calo dei fallimenti, che sono tornati al di sotto dei livelli del 2011. Questa tendenza ha riguardato tutta l’economia e ampie aree della Penisola, ma in alcuni segmenti il miglioramento ha perso slancio.

La serie storica evidenzia un miglioramento che dura dal 2015, dopo che nel 2014 i fallimenti avevano toccato un massimo a quota 15.694.

I dati tratti dagli archivi di Cerved indicano che invece nel 2019 si è sostanzialmente esaurito il miglioramento dei fallimenti e delle altre procedure concorsuali, mentre sono tornati ad aumentare concordati preventivi e le chiusure volontarie di imprese in bonis. La frenata ha riguardato soprattutto le imprese che operano nell’industria e nel Nord-Est. I dati regionali evidenziano una forte eterogeneità territoriale. In Veneto e Emilia Romagna si osserva un aumento di tutte le procedure monitorate, mentre solo in Umbria e Sardegna si registra un miglioramento sui tre fronti.

Fonte: Cerved

 

Quali sono le cause principali?

 management inadeguato e inesperto

  • investimenti inappropriati, errori di pianificazione
  • incapacità di sviluppare un vantaggio competitivo
  • indebitamento elevato
  • indicatori finanziari insoddisfacenti

valutazioni ottimistiche, sovrastima della domanda

  • over-trading ed eccesso di crescita
  • management competente, dominante e carismatico
  • eccesso di indebitamento

indisponibilità al cambiamento, management lassista e inattivo

  • errori di posizionamento strategico e di marketing
  • influenza di stakeholder esterni
  • forte riduzione del fatturato e delle quote di mercato
  • indicatori finanziari insoddisfacenti

manager dominante e spregiudicato

  • utilizzo di asset aziendali per promuovere ambizioni personali
  • frodi e comportamenti illeciti

CAUSE ENDOGENE

Proprietà/Top Management

  • Eccessivo accentramento/conduzione padronale
  • Debolezza dei controlli interni
  • Comportamenti anomali/pregiudizievoli
  • Disimpegno proprietà e/o Top management

Pianificazione e gestione strategica

  • Politiche di espansione errate
  • Errori di marketing
  • Strategia economico finanziaria errata
  • Operazioni di finanza straordinaria
  • Inadeguatezza dell’attività di pianificazione e programmazione

Gestione operativa

  • Struttura dei costi inadeguata
  • Inefficienza dei processi produttivi e organizzativi

CAUSE ESOGENE

Fattori macroeconomici ed eventi straordinari

  • Sfavorevole evoluzione delle macro-variabili
  • Cambiamenti normativi
  • Avvenimenti traumatici ed eventi straordinari

Fattori settoriali

  • Sfavorevole evoluzione della domanda globale
  • Fase di maturità/declino del ciclo di vita del settore
  • Discontinuità tecnologica
  • Contesto competitivo

Le determinanti della crisi: La valutazione di sintesi

La ricerca ha per oggetto 86 gruppi imprenditoriali, cui corrispondono 397 società e 79.694 addetti.

Sono espresse in percentuale di concausa riscontrata su tutte le situazioni analizzate.

Proprietà/Top Management

  • Eccessivo accentramento/conduzione padronale 25,6%
  • Debolezza controlli interni 33,7%
  • Comportamenti anomali 48,8%
  • Disimpegno Proprietà/TM 58,1%

Valori medi 41,6%

Pianificazione e gestione strategica

  • Politiche di espansione errate 61,6%
  • Errori di marketing 17,4%
  • Strategia economico finanziaria 83,7%
  • Operazioni di finanza straordinaria 27,9%
  • Inadeguatezza pianificazione e programmazione 87,2%

Valori medi 55,6%

Gestione operativa

  • Struttura costi inadeguata 81,4%
  • Inefficienze processi produttivi e organizzativi 59,3%

Valori medi 70,4%

Fattori macroeconomici

  • Sfavorevole evoluzione macro-variabili 33,7%
  • Cambiamenti normativi 11,6%
  • Avvenimenti traumatici ed eventi straordinari 30,2%

Valori medi 25,2%

Fattori settoriali

  • Sfavorevole evoluzione domanda globale 68,6%
  • Fase di maturità/declino ciclo di vita del settore 25,6%
  • Discontinuità tecnologica 9,3%
  • Contesto competitivo 70,9%

Valori medi 43,6%

 

Fonte: Le cause della crisi d’impresa. Analisi dei fattori di crisi delle grandi imprese in Amministrazione Straordinaria (Alberto Falini)

 

Balza all’occhio come le principali cause siano direttamente collegabili a cause interne all’azienda, pur rimanendo una sensibile percentuale di concausa il fattore esterno.

Il fattore esogeno, se attentamente valutato, comunque suggerisce che con una corretta visione del settore e macroeconomica siano prevedili e prevenibili.

Non tutte le aziende di un settore falliscono contemporaneamente, anzi generalmente le più avvedute escono da una crisi economica e/o settoriale rafforzate e con una share di mercato più forte di prima.

Consapevolezza e capacità di coniugare una visione di medio-lungo con le necessità di breve sono le risorse chiave, unite alla dote di saper giustamente valutare priorità e urgenze sull’asse temporale.

Ovvero le problematiche se risolte si trasformano in vantaggi competitivi.

Oggi gli strumenti per valutare, prevenire e assorbire o scaricare a terzi i risultati di condizioni avverse potenziali o accadute esistono e facilmente accessibili, si tratta di attivarsi e agire di conseguenza.

12/10/2021

Buone notizie per le Micro PMI!

Con la crisi vi è un aumento di insolvenze tra chi utilizza la dilazione di pagamento tale da indurre buona parte delle aziende a cambiare approccio riguardo alla concessione di credito.

Le grandi imprese si giovano di figure professionali quali il Credit Manager che monitorano costantemente la clientela per assicurarsi che il loro portafoglio rimanga sano e operano valutazioni preventive sui nuovi clienti.

Si avvalgono di piattaforme professionali di rating e di credit check oltre che di attività investigative creando così un rating interno verso clienti e fornitori strategici che li metta al riparo da amare sorprese.

Le PMI in questo si trovano nella duplice veste sia di fornitori che di clienti, con lo svantaggio, spesso, di giocare a mosca cieca.

Buona parte delle PMI ha cicli di rotazione negativi per cui necessitano di poter contare su una dilazione di pagamento dai fornitori tale che li aiuti a gestire il largo credito che spesso sono tenuti a fare verso i loro clienti per portare a casa ordini. Per chi esporta il problema, poi, è reso ancora più difficile dal fatto che diverse nazioni importatrici di nostri manufatti non rientrano nella possibilità di vedere le loro aziende accreditate per essere messe allo sconto su un conto anticipi, che sia un affidamento o un factoring.

Chi esporta in Africa, Asia, Russia e Americhe sa bene quanto sia difficile gestire il credito.

Tuttavia, la buona notizia è che anche le Micro PMI oggi possono utilizzare strumenti e professionalità a loro portata che non solo li aiutino a mantenere un profilo e un rating tale da risultare appetibili nella duplice veste di cliente o di fornitore, ma anche di poter monetizzare i propri crediti rendendo marginali, se non annullare, i rischi di insolvenza.

La crisi, infatti, ha accelerato la tendenza già in atto da tempo di veder nascere e sviluppare strumenti alternativi e complementari a quelli tradizionali bancari che supportino proprio le Micro PMI a gestire i propri flussi finanziari come le grandi imprese. A patto che i loro conti e i loro parametri siano solidi e trasparenti.

Serve quindi un approccio manageriale e professionale, dato da CFO e Credit Manager nelle grandi imprese, reso disponibile alle Micro PMI da figure professionali che possono affiancarle per i tempi necessari e a costi che, al netto del calo delle insolvenze e del miglioramento se non inversione dell’indice di rotazione debiti e crediti, si traducono spesso in maggior marginalità e minor alea di insolvenza.

Autore: Marco Simontacchi

04/10/2021

Cos’è esattamente il rating? E l’importanza della Centrale Rischi…

Il rating è di fatto la probabilità di default di una azienda, ossia la possibilità che possa non far fronte alle proprie obbligazioni.

Con Basilea è, ad oggi, il parametro utilizzato dal sistema finanziario per gestire gli affidamenti verso le aziende e si compone di tre analisi:

  • qualitativa: analizza aspetti storici e caratteriali dell’azienda non strettamente numerici, quali la storicità aziendale, la governance presente, il piano industriale e la capacità di trasformarlo nel tempo, la qualità del management;
  • quantitativa: è l’analisi numerico finanziaria dei numeri espressi dal bilancio, di norma quindi è annuale e definisce il rating quantitativamente per tutto l’anno; hanno il loro peso i bilancini infra annuali di verifica e a conferma delle informazioni qualitative;
  • andamentale: è la composizione e l’utilizzo degli strumenti finanziari quali la movimentazione dei conti, la natura e l’utilizzo degli affidamenti, il rapporto tra accordato e utilizzato. Si evince dalla Centrale Rischi.

Sia l’analisi qualitativa che quantitativa richiedono uno sforzo nel tempo per essere variate, da minimo di un esercizio a salire; dove possiamo agire velocemente è nell’andamentale.

L’analisi andamentale ricopre un ruolo fondamentale nel processo di valutazione di una azienda da parte del sistema essendo anche lo strumento più veloce e sensibile per valutare le sorti di una impresa.

Intuitiva, quindi, l’importanza di un controllo della Centrale Rischi per verificare il corretto utilizzo degli strumenti finanziari e di eventuali, a volte indebite, segnalazioni che possono cambiare radicalmente il modo in cui una azienda viene percepita dal sistema e determinare sensibili variazioni del rating.

Con la Centrale Rischi avremo sotto controllo i rischi autoliquidanti, a scadenza e a revoca oltre alle garanzie commerciali, finanziarie e ricevute. Queste informazioni saranno classificate sia come accordato che come utilizzato o garantito, permettendo di comporre indici più o meno complessi che forniscono degli utili ed essenziali parametri di valutazione sullo stato di salute dell’azienda e della capacità di generare e utilizzare correttamente i flussi di cassa.

Vengono segnalate anche le “anomalie”:

  • Sconfinamenti su linee di credito
  • Esistenza di rischi autoliquidanti non rimborsati
  • Presenza di crediti ristrutturati
  • Presenza di crediti passati a sofferenza o perdita
  • Esistenza di contratti derivati finanziari
  • Esistenza di garanzie attivate su operazioni con esito negativo
  • Sussistenza di contestazioni

Questo importante strumento è disponibile per tutti i soggetti vigilati da Banca d’Italia in modo sintetico, ovvero vedono i dati in modo aggregato ma non distinto per singolo istituto, e in modo analitico per l’azienda stessa.

Una buona centrale rischi diventa quindi un ottimo biglietto da visita da presentare ai propri istituti a dimostrazione della bontà e solidità della propria impresa e della governance. Al contrario ci si trova nell’anticamera dell’inferno.

Interpretarla senza gli strumenti adeguati e senza la opportuna capacità di comprendere i parametri è difficile, meglio affidarsi a chi lo sa fare di mestiere e sa come ragionano gli istituti finanziari.

Autore: Marco Simontacchi

28/09/2021

Management o gambling?

Risk management, Direzione finanziaria e Passaggio generazionale sembrano tre storie separate, tre visioni e compartimenti stagni destinati a vite parallele.

È proprio così?

Le recenti vicissitudini ci suggeriscono il contrario.

Sono le tre facce di una piramide la cui base è la solidità presente e futura di un’azienda sana e prospera.

Si intrecciano in una sequenza di domande e risposte le cui soluzioni dettano la strada da seguire con obiettivo finale lo scopo aziendale dettato dalla visione imprenditoriale.

La necessaria lungimiranza che un Imprenditore capace – con la I maiuscola – mette in campo per decidere dove dirigere e condurre la propria impresa.

Qualsivoglia azienda deve avere ben chiaro dove si trova, dove vuole andare e quali siano le risorse a disposizione, viceversa non si può parlare di impresa ma di scommessa, non di management ma di gambling.

La gestione delle risorse, se parliamo di risorse finanziarie, necessariamente passa attraverso una Direzione Finanziaria che utilizzando gli opportuni strumenti sia in grado di analizzare i dati storici per verificare che quanto pianificato industrialmente corrisponda a realtà e se vi siano correzioni di rotta da apportare.  Prevedere e pianificare, inoltre, soprattutto le esigenze di cassa presenti e future facendo collimare i flussi attivi e passivi per un equilibrio finanziario sia generale che come distribuzione alle risorse interne per soddisfare le attività pianificate. Una cattiva o nulla pianificazione finanziaria ci rende schiavi del contingente più occupati a mettere toppe che a investire nel futuro, sempre alla rincorsa di finanza per pagare fornitori, salari, contributi ed erario, in un circolo vizioso che è l’anticamera del default. Ci si indebita per investimenti produttivi, non per coprire perdite.

Eventuali perdite sono materia del Risk management: dato un piano industriale vanno analizzate con pari scrupolo minacce ed opportunità, che si rincorrono le une e le altre in modo sequenziale. Se non opportunamente valutate le stesse opportunità possono tradursi in una esiziale minaccia. L’ordine importante se non attentamente valutato come pianificazione finanziaria – un occhio alla rotazione debiti/crediti – e come rischio sia di credito che di approvvigionamenti può essere causa principale del tracollo dell’azienda. Di ciascun aspetto vanno valutati, come in una partita a scacchi, i rischi correlati, l’alea e la possibile perdita: di conseguenza porre in essere le contromisure che annullino, riducano a sostenibili o trasferiscano a terzi gli effetti patrimoniali indesiderati e insostenibili.

Rimane il passaggio generazionale, ma con un Imprenditore giovane o senza figli che senso ha?

Chiariamo subito un malinteso: nella nostra accezione professionale il passaggio generazionale ha un valore molto più ampio e importante.

La vita di una azienda, soprattutto se coinvolge dipendenti, clienti, fornitori, insomma decine e decine di famiglie, non può dipendere in tutto o in buona parte dall’esistenza e dalla capacità psicofisica di un unico individuo. Anche pochi mesi di assenza forzata possono condurre al collasso una azienda non preparata.

Il passaggio inoltre non è solo relato a persone fisiche, è anche e soprattutto tecnologico e strutturale, ad esempio chi fosse stato già strutturato per lo smart working ha retto diversamente l’impatto del lockdown rispetto a chi sia stato colto di sorpresa.

I mercati, le leggi e le esigenze cambiano velocemente a volte anche radicalmente, essere non solo pronti ma anticipare tali tendenze è di per sé un passaggio generazionale che non vede cambiare i soggetti ma la loro visione del mondo e si sa: chi primo arriva meglio alloggia.

Progettare un aspetto senza integrarlo con gli altri è non solo inutile ma anche pericoloso ecco perché non sono compartimenti stagni ma aspetti integrati e interdipendenti per una sana e avveduta gestione aziendale volta alla proficua continuità nel tempo.

Informarsi non costa, il non farlo potrebbe.

Marco Simontacchi

20/09/2021

Nei momenti più difficili chi è lungimirante può fare la differenza…

In uno studio di EY per Il Sole 24 Ore emerge che rischiamo di non accorgerci che le economie stanno per lasciarsi alle spalle il lavoro per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 100 anni.

 Da consulenti, che da decenni assistono imprese e imprenditori operanti nei settori più disparati, possiamo dire che sul tema non c’è una consapevolezza generalizzata. Piuttosto rileviamo due tipi di reazione diametralmente opposte: alcuni imprenditori, ad onor del vero la maggior parte, decidono di diventare spettatori di un film. Al contrario, una piccola percentuale accetta la sfida di vivere quel film da attore protagonista.

 Adesso, da imprenditori, non potete esimervi dal porvi almeno due domande: io e la mia impresa quanto siamo consapevoli? Quando, come e cosa abbiamo deciso di fare?

 Se analizziamo con freddezza ciò che è accaduto nella storia recente delle economie occidentali, possiamo trarre indicazioni interessanti partendo da un assioma per niente banale: nei momenti più difficili si creano le condizioni per cui “qualcuno” in breve tempo può fare la differenza.

Si potrebbe obiettare che essere troppo impulsivi sia un atteggiamento rischioso, tuttavia quando si hanno in mano le sorti di un’azienda anche l’essere eccessivamente prudenti può diventarlo, forse anche di più.

Diverse realtà sono in difficoltà, non sanno che direzione prendere o che scelte fare mentre altre, già sull’orlo del default, stanno ricevendo il colpo di grazia.

In entrambi i casi stanno lasciando spazi incustoditi e vacanti sul mercato, e per legge trasversale nulla può rimanere vuoto a lungo; qualche azienda più decisa e proattiva andrà a conquistarsi la posizione.

Non a caso nei decreti Covid per i finanziamenti di maggior entità è prevista la possibilità di finanziarsi anche per importi che servano per investimenti nei successivi 12/18 mesi.

Torniamo allora a quel “qualcuno” che può fare la differenza. Chi può essere? Che caratteristiche deve avere?

Innanzitutto è un imprenditore lungimirante che ha idee chiare. Ha la capacità di comprendere che può ampliare la propria attività acquisendo un concorrente oppure un’impresa operante in un settore complementare al proprio core business. I più coraggiosi e lungimiranti possono anche decidere di aprire una business unit in un settore differente e anticiclico rispetto al proprio, con punti di contatto che ammortizzino i costi generali e di ricerca & sviluppo.

Tutto qui? No.

Certamente avere la visione prospettica dell’obiettivo è un buon viatico, ma non basta. Bisogna possedere le informazioni, le relazioni, gli strumenti finanziari e di controllo per disegnare e realizzare un piano industriale, ma anche tutto ciò ancora non è abbastanza. Per fare davvero la differenza soprattutto serve un team di lavoro dove ciascun componente possiede le specifiche competenze indispensabili per valorizzare al massimo la rirsorsa più importante, quella anaelastica per eccellenza: il tempo.

Tra chi lo sfrutta a proprio vantaggio e chi lo spreca nell’attesa che venga l’illuminazione si crea quel divario tra il successo e l’oblio, tra chi ha la marcia in più e chi il freno tirato.

Il mondo cambia e sempre più in fretta, ai ritardatari rimangono, a volte, solo le briciole.

Noi amiamo e supportiamo i “Protagonisti”.

15/09/2021

Video e podcast su argomenti di interesse

Salva Imprese Italia – Spettatore o protagonista?

In momenti difficili c’è chi soccombe e chi fa fortuna, chi fa da spettatore e chi fa da protagonista. L’azienda è come una nave nella tempesta, puoi lasciarti sballottare alla deriva o prendere il timone in mano. Dedicato ai Capitani coraggiosi.

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Gestire il rating tramite la centrale rischi

Gestire il proprio rating significa controllare e manovrare i rapporti con gli istituti finanziari, evitando possibili problemi di accesso alla finanza sia nuova che nei rinnovi.

Controllare periodicamente la centrale rischi ci fornisce importanti informazioni sull’utilizzo, corretto o meno, degli affidamenti e su eventuali indebite segnalazioni per impostare i futuri flussi di cassa e migliorare il rating evitando quindi potenziali segnalazioni, downgrade di rating o dichiarazioni di default.

4 minuti di attenzione che possono aiutare a salvare la propria azienda. Ascoltare per credere.

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Dilazioni di pagamento sotto la lente

Fornitori e clienti oggi più che mai sono oggetto di analisi da parte degli stakeholder. Le aziende possono decidere se governare tutti i dati che il mondo finanziario ha a disposizione per elaborare profili sempre più accurati o lasciare che sia, con il rischio di vedersi cambiare le condizioni commerciali come clienti o diventare marginali come fornitori. Le grandi imprese hanno manager dedicati, le PMI non potendoseli permettere possono comunque accedere a strumenti di consulenza mirati che li mettano sullo stesso piano di conoscenza e governance dei big. Questione di scelte, governare o essere governati.

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Codice della crisi d’impresa

In sintesi la nuova normativa sulla crisi d’impresa. Cosa ci aspetta dopo la tempesta, in che modo è meglio salvaguardarsi per i prossimi bilanci?

Pochi minuti per comprendere meglio.

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Le tre facce di una azienda sana

Risk management, Direzione finanziaria e Passaggio generazionale – fisico o strutturale che sia, sono le tre facce di una azienda sana.

Tre prospettive interdipendenti e correlate che garantiscono una corretta governance aziendale verso i propri obiettivi di breve, medio e lungo prevenendo e rimuovendo quegli ostacoli che possano far naufragare piani industriali e Impresa.

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Crisi d’Impresa: sfortuna o imprevidenza?

Vi sono diversi fattori che concorrono a determinare la crisi di impresa, nelle più recenti statistiche e ricerche la sfortuna non viene mai citata.

Quasi sempre le cause sono più interne che esterne, scopriamo quali esse siano e in che modo incidano.

La sicurezza e la stabilità sono un percorso la cui soglia di partenza è una sana consapevolezza. Buon ascolto.

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L’Italia s’è desta

Tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stanno per essere investiti nei prossimi cinque anni 223,91 miliardi di euro nel sistema.

Dimentichiamoci il vecchio modo di fare politica economica con logiche lobbistiche e politiche di breve respiro a macchia di leopardo, da quanto emerge si delinea una profonda riforma strutturale, culturale e sociale dell’intero sistema paese.

Occorre una nuova mentalità e capacità che vanno ben oltre l’esperienza e l’istinto.

Si richiedono competenza, strumenti e visione del mercato professionali e inserite in un contesto strutturato.

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La potenza è nulla senza il controllo (di gestione)

Si è fatto obbligatorio da subito per diversi motivi redigere un rendiconto preventivo sui 12 mesi che si trasformi man mano anche in consuntivo.

In pratica, senza che sia espressamente scritto, è sancito l’obbligo di istituire un controllo di gestione con previsionale.

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Musiche da “Places” di Eva Simontacchi

 

Sconfinati e bastonati

Dal 1° gennaio è entrato in vigore il Regolamento EBA: basterà uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in default e diventare cattivo pagatore anche se è la prima volta.
Il cliente rischia di finire segnalato nel sistema per effetto di una nuova classificazione di default.
Addio all’opportunità, o malvezzo, degli sconfinamenti tollerati
È quindi essenziale avere un controllo sulla gestione della tesoreria con una pianificazione finanziaria dei flussi almeno a sei mesi
Sarà sempre più difficile mettere una pezza a una disattenzione

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In Lombardia i voucher per sovraindebitamento.

Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia offrono supporto alle Micro PMI per accedere alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento con l’obiettivo di supportare le imprese avviandole all’esdebitazione.

Il bando si basa sull’erogazione di voucher, il cui importo è stato incrementato a 4mila euro, per coprire le spese di apertura della pratica e alla predisposizione di una prima valutazione tecnico economica validata presso un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) accreditato in Lombardia.

I voucher possono essere erogati alle micro, piccole e medie imprese con sede operativa in Lombardia che abbiano già avviato una pratica di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

È possibile presentare le domande di richiesta del voucher a Unioncamere Lombardia, soggetto gestore del bando, esclusivamente in modalità telematica dal 31 luglio fino al 31 dicembre 2020, dal sito webtelemaco.infocamere.it. Il voucher è assegnato con procedura “a sportello” secondo l’ordine cronologico di invio della richiesta e fino ad esaurimento risorse.

Il voucher è erogato dopo la verifica della documentazione trasmessa con la richiesta entro 15 giorni lavorativi dalla presentazione della domanda.

Fonte: PMI.IT

Marco Simontacchi

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Crisi d’impresa: sfortuna o imprevidenza?

Nel 2018 sono fallite 11.277 aziende, in calo del 7% rispetto al 2017 e il minimo toccato dopo il picco del 2014. I miglioramenti hanno riguardato tutta l’economia, ma con tendenze in forte frenata nell’industria (-3% contro il -18,6% dell’anno precedente) e nelle costruzioni (-6,2% contro -16,4%). Nel 2018 il calo dei fallimenti è proseguito nella maggior parte delle regioni italiane.

Nel 2018 è proseguito, per il quarto anno consecutivo, il calo dei fallimenti, che sono tornati al di sotto dei livelli del 2011. Questa tendenza ha riguardato tutta l’economia e ampie aree della Penisola, ma in alcuni segmenti il miglioramento ha perso slancio.

La serie storica evidenzia un miglioramento che dura dal 2015, dopo che nel 2014 i fallimenti avevano toccato un massimo a quota 15.694.

I dati tratti dagli archivi di Cerved indicano che invece nel 2019 si è sostanzialmente esaurito il miglioramento dei fallimenti e delle altre procedure concorsuali, mentre sono tornati ad aumentare concordati preventivi e le chiusure volontarie di imprese in bonis. La frenata ha riguardato soprattutto le imprese che operano nell’industria e nel Nord-Est. I dati regionali evidenziano una forte eterogeneità territoriale. In Veneto e Emilia Romagna si osserva un aumento di tutte le procedure monitorate, mentre solo in Umbria e Sardegna si registra un miglioramento sui tre fronti.

Fonte: Cerved

 

Quali sono le cause principali?

management inadeguato e inesperto

  • investimenti inappropriati, errori di pianificazione
  • incapacita di sviluppare un vantaggio competitivo
  • indebitamento elevato
  • indicatori finanziari insoddisfacenti

valutazioni ottimistiche, sovrastima della domanda

  • over-trading ed eccesso di crescita
  • management competente, dominante e carismatico
  • eccesso di indebitamento

indisponibilità al cambiamento, management lassista e inattivo

  • errori di posizionamento strategico e di marketing
  • influenza di stakeholder esterni
  • forte riduzione del fatturato e delle quote di mercato
  • indicatori finanziari insoddisfacenti

manager dominante e spregiudicato

  • utilizzo di asset aziendali per promuovere ambizioni personali
  • frodi e comportamenti illeciti

 

CAUSE ENDOGENE

Proprietà/Top Management

  • Eccessivo accentramento/conduzione padronale
  • Debolezza dei controlli interni
  • Comportamenti anomali/pregiudizievoli
  • Disimpegno proprietà e/o Top management

Pianificazione e gestione strategica

  • Politiche di espansione errate
  • Errori di marketing
  • Strategia economico finanziaria errata
  • Operazioni di finanza straordinaria
  • Inadeguatezza dell’attività di pianificazione e programmazione

Gestione operativa

  • Struttura dei costi inadeguata
  • Inefficienza dei processi produttivi e organizzativi

CAUSE ESOGENE

Fattori macroeconomici e eventi straordinari

  • Sfavorevole evoluzione delle macro-variabili
  • Cambiamenti normativi
  • Avvenimenti traumatici ed eventi straordinari

Fattori settoriali

  • Sfavorevole evoluzione della domanda globale
  • Fase di maturità/declino del ciclo di vita del settore
  • Discontinuità tecnologica
  • Contesto competitivo

Le determinanti della crisi: La valutazione di sintesi

La ricerca ha per oggetto 86 gruppi imprenditoriali, cui corrispondono 397 societa e 79.694 addetti.

Sono espresse in percentuale di concausa riscontrata su tutte le situazioni analizzate.

Proprietà/Top Management

  • Eccessivo accentramento/conduzione padronale 25,6%
  • Debolezza controlli interni 33,7%
  • Comportamenti anomali 48,8%
  • Disimpegno Proprietà/TM 58,1%

Valori medi 41,6%

Pianificazione e gestione strategica

  • Politiche di espansione errate 61,6%
  • Errori di marketing 17,4%
  • Strategia economico finanziaria 83,7%
  • Operazioni di finanza straordinaria 27,9%
  • Inadeguatezza pianificazione e programmazione 87,2%

Valori medi 55,6%

Gestione operativa

  • Struttura costi inadeguata 81,4%
  • Inefficienze processi produttivi e organizzativi 59,3%

Valori medi 70,4%

Fattori macoeconomici

  • Sfavorevole evoluzione macro-variabili 33,7%
  • Cambiamenti normativi 11,6%
  • Avvenimenti traumatici ed eventi straordinari 30,2%

Valori medi 25,2%

Fattori settoriali

  • Sfavorevole evoluzione domanda globale 68,6%
  • Fase di maturità/declino ciclo di vita del settore 25,6%
  • Discontinuità tecnologica 9,3%
  • Contesto competitivo 70,9%

Valori medi 43,6%

Fonte: Le cause della crisi d’impresa. Analisi dei fattori di crisi delle grandi imprese in Amministrazione Straordinaria (Alberto Falini)

Balza all’occhio come le principali cause siano direttamente collegabili a cause interne all’azienda, pur rimanendo una sensibile percentuale di concausa il fattore esterno.

Il fattore esogeno, se attentamente valutato, comunque suggerisce che con una corretta visione del settore e macroeconomica siano prevedili e prevenibili.

Non tutte le aziende di un settore falliscono contemporaneamente, anzi generalmente le più avvedute escono da una crisi economica e/o settoriale rafforzate e con una share di mercato più forte di prima.

Consapevolezza e capacità di coniugare una visione di medio-lungo con le necessità di breve sono le risorse chiave, unite alla dote di saper giustamente valutare priorità e urgenze sull’asse temporale.

Ovvero le problematiche se risolte si trasformano in vantaggi competitivi.

Oggi gli strumenti per valutare, prevenire e assorbire o scaricare a terzi i risultati di condizioni avverse potenziali o accadute esistono e facilmente accessibili, si tratta di attivarsi e agire di conseguenza.

Marco Simontacchi