Sconfitti e bastonati

Scacco matto alla crisi di liquidità in sei mosse

La potenza è nulla senza il controllo (di gestione)

L’Italia s’è desta

Le tre facce di una azienda sana

Risk management, Direzione finanziaria e Passaggio generazionale - fisico o strutturale che sia, sono le tre facce di una azienda sana.

Un disastro non si aggiusta a rattoppi

Nel micro come nel macro le situazioni non cambiano.

Assistiamo purtroppo sempre più spesso nel valutare lo stato di salute di aziende a stati estremamente compromessi dal continuo rattoppare situazioni di difficoltà mai organicamente e strutturalmente risolte.

Il più delle volte si crede di aggiustare la situazione con artifizi di bilancio o indebitandosi contando nella buona sorte e che qualcosa cambi.

Altre volte si fanno salti mortali per aumentare il fatturato anche a discapito della marginalità, aumentando la voragine e i problemi senza un vero cambio di rotta.

Si crea così, toppa su toppa una situazione degenerata a tal punto da richiedere sforzi enormi e a volte ingiustificati per creare un punto di svolta e tornare in equilibrio.

Una situazione compromessa richiede una terapia d’urto e l’esperienza insegna che se non si cambia radicalmente qualcosa, procedendo sempre con le medesime strategie, i risultati non potranno che essere gli stessi e avviarsi verso un inevitabile disastro.

Lo vediamo con la politica, con i conti pubblici, con la gestione imprenditoriale delle PMI che non hanno ancora effettuato quel cambio di paradigma che un mondo sempre più veloce e connesso impone.

Chi non si evolve si estingue, lo si sa dai tempi di Darwin, l’impressione è che molti ritengano essere un problema degli altri e di esserne esenti, finché la crisi non bussa alle porte e ci si trova a ballare sul ponte del Titanic mentre inesorabilmente affonda.

Di esempi virtuosi ce ne sono molti e credeteci, non è fortuna.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

01/02/2023

 

Più fragili eppure più resilienti

Si diceva che ogni vent’anni ci si potesse aspettare “un cigno nero” che sconvolgesse il mondo e le sue economie.

Ora pare che di “cigni neri” noi ce ne si debba aspettare un paio l’anno.

Dall’attacco alle Torri Gemelle del 11/09/01 siamo passati attraverso numerosi eventi che hanno completamente e profondamente ridisegnato il nostro mondo: cambiamento climatico con fenomeni sempre più estremi, guerre, tsunami devastanti, bocco del canale di Suez, pandemia, crisi economiche sistemiche, repressioni popolari, rischio di guerra totale e nucleare.

In realtà non è una novità ciò che succede, abbiamo scambiato evoluzione economica e tecnologica con evoluzione della specie. La prima è di appannaggio di una ristretta cerchia di fortunati, di cui facciamo parte, la seconda pare inversamente proporzionale al benessere che sembra averci posto in un letargo della coscienza in cui abbiamo scambiato i valori etici con i beni materiali.

La novità semmai sta nel fatto che i normali cicli esistenziali abbiano subito una enorme accelerazione rendendo i cambiamenti frenetici e poco gestibili: siamo nell’antropocene e siamo probabilmente la causa prima dei nostri guai.

Questa rapidità ha accentuato la nostra fragilità, dotati di una sindrome di onnipotenza siamo sempre sull’orlo dell’(auto)estinzione convinti che le sorti del globo dipendano da noi e non viceversa.

Eppure, abbiamo in noi gli anticorpi a noi stessi e alla nostra sete di autodistruzione, quella scintilla chiamata intelligenza logica che ci permette di andare oltre e, come nei vecchi film di guerra, sentire l’arrivo della cavalleria amica all’ultimo istante.

La speranza è che si arrivi tra fusione fredda, nuove tecnologie satellitari e spaziali e AI a creare quel contesto in cui vi sarà una svolta storica a tutti i nostri problemi attuali, che non sono oggettivi ma legati alla nostra atavica maledetta sete di potere e di possesso che ci contraddistingue come specie.

Oppure scompariremo, con buona pace dell’ecosistema.

 

Articolo di Marco Simontacchi

03/01/2023

Inflazione a valanga

Vi è un perverso effetto inflattivo che è causato non da poteri oscuri o da lobby malevole, ma da tutti noi colpevolmente in buona fede.

L’aumento delle materie prime e dei semilavorati unito al caro energia ha fatto impennare l’inflazione nel giro di poco a percentuali a due cifre.

È sacrosanto aumentare i prezzi per mantenere il margine, senza il quale si chiude bottega.

Lo stesso liquido per accendere il camino o il barbecue da euro 2,95 al litro è passato a euro 5,95, il pellet da euro 4,50 a sacco a euro 12, la legna da ardere è intorno ai 20 euro al quintale, la bolletta della luce e del gas nella migliore delle ipotesi è triplicata.

Va da sé che il panettiere di Castelvecchio Subequo e la lavanderia di Robecchetto, come la pizzeria di Laglio (cito a caso) abbiano dovuto ritoccare i prezzi.

Cosa succederà quando l’emergenza sarà rientrata e materie prime e semilavorati insieme al costo energetico saranno rientrati a livelli normali?

Quei prezzi sono soggetti a legge di mercato e sono scambiati su mercati regolamentati nella maggior parte dei casi, quindi fluttuano in entrambe le direzioni.

Sarà difficile se non utopico che tutte le aziende ritocchino i loro listini al ribasso mantenendo fermo il margine rinunciando ad extra profitti.

Peccato che le dinamiche salariali non seguano di pari passo, andando ad erodere un potere d’acquisto da anni compromesso.

Già oggi si può dire che si sia spazzata via buona parte della media borghesia, quella che di fatto rappresentava uno dei maggiori bacini di consumatori.

Con un atteggiamento miope mantenere un domani gli extraprofitti significa impoverire ulteriormente tutta la fascia centrale della popolazione.

Alla quale non rimane altro che stringere la cinghia e ridurre i consumi: a farne le spese inizialmente saranno proprio tutte quelle aziende che hanno come riferimento i consumatori stessi.

Le altre aziende rivolte al B2B seguiranno non molto dopo.

Sperare nella lungimiranza dei più è sognare a occhi aperti.

Introdurre una tassazione inferiore per agevolare le imprese e far emergere il sommerso può essere una mossa giusta, potenzialmente potrebbe però divenire un turbo al massimizzare i profitti lasciando aumentare i margini.

Come minacciato da Biden una sensata contromossa potrebbe essere tassare pesantemente gli extraprofitti, disincentivando l’effetto valanga.

Se non può il buonsenso che agisca la scure, per il bene dei più.

 

Articolo di Marco Simontacchi

02/11/2022

 

I vantaggi della cessione crediti

Tempi duri per i troppo buoni. La riduzione del fatturato, l’erosione dei margini industriali, l’aumento dei costi fissi ha messo a dura prova la tenuta dei conti aziendali.

Una delle ricadute immediate è il deteriorarsi dei margini di tesoreria che riduce il polmone finanziario a disposizione per far fronte alla rotazione debiti crediti.

Paradossalmente anche con un fatturato minore potrebbero non essere più sufficienti i normali affidamenti.

Altro effetto è il potenziale rischio di insoluto che deriva da una aumentata probabilità di default delle PMI con una velocità incrementata dall’entrata in vigore del nuovo codice della crisi di impresa e dalla stretta creditizia, anche sui rinnovi, imposta da Basilea 3.

Sembra un rompicapo, andare in banca con un bilancio peggiorativo a chiedere un aumento degli affidamenti non è affare semplice, senza contare che così facendo andremmo a peggiorare i parametri che compongono il rating legati a fatturato – utili – debiti – oneri finanziari.

Mettendo a rischio un futuro rinnovo o dovendo incassare condizioni peggiorative già con un rialzo sensibile dei tassi.

A tutto c’è rimedio, esiste la cessione dei crediti pro soluto.

Di fatto andiamo a cedere a istituzione finanziaria terza quel fatturato che riteniamo di voler rendere liquido, risparmiando su costi e con notevoli vantaggi da un punto di vista bilancistico e patrimoniale.

Trasferiremmo anche a terzi il rischio di insolvenza e l’onere di monitorare il merito creditizio del ceduto. Dobbiamo essere affidabili noi e il ceduto e avere il consenso di quest’ultimo alla cessione del credito.

C’è tuttavia una parte di fatturato che non possiamo cedere, vuoi perché estero fuori CEE vuoi perché non è concessa la cessione del credito.

In questo caso, soprattutto in caso di paesi che il sistema finanziario fatica ad anticipare, c’è la possibilità di assicurare il credito commerciale.

Tale garanzia, fino al 90% dell’importo, ci consente di trovare istituzioni finanziarie che rendano liquido il credito senza ulteriori complicazioni.

Con buona pace della nostra cassa e dei nostri affidamenti sfiniti dal duro lavoro.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

19/10/2022

 

Legge 155 l’incompresa

Di qualunque evento possiamo coglierne le minacce o le opportunità, una mente arguta coglie nell’insieme come poter volgere tale evento a suo favore.

Con la sua entrata in vigore definitiva la Legge 155 ha di fatto sostituito la vecchia legge fallimentare con il nuovo codice della crisi di impresa.

Richiede alle PMI in pratica di dotarsi di quegli adeguati assetti organizzativi atti a monitorare e prevenire eventuali crisi di insolvenza, e al sorgere dei segnali l’Amministratore deve porre in atto le misure necessarie per evitarla, o in caso di impossibilità a ricomporre la crisi di ricorrere alle nuove procedure concordatarie.

Chi non dovesse ottemperare risponderebbe in solido con il proprio patrimonio personale delle insolvenze.

Addio società di capitali siamo tutte di fatto società di persone?

Guardiamo l’altra faccia della medaglia.

Fino a ieri non vi era chiarezza sulle eventuali responsabilità, numeri e procedure, tanto da far dire con un sorriso amaro che “quando ci si iscrive in camera di commercio ci si iscrive contestualmente al registro degli indagati”.

Ora con il nuovo codice si danno indicazioni più precise, gli adeguati assetti organizzativi per chi è del mestiere sono abbastanza evidenti e concreti, le procedure concordatarie con tempi e processi determinati e più certi, l’Imprenditore se segue le regole non ha nulla da temere in caso di crisi.

Insomma, anziché la solita pezza all’italiana il legislatore ha inteso riformare e rimodulare la legge fallimentare creando un vantaggio oggettivo per tutti gli attori coinvolti, con tempi ragionevolmente brevi e ricadute onerose per chi non ottemperi.

Serve solo adeguarsi, e con tale adeguamento si creano le condizioni per una vera coerente governance finanziaria a tutto vantaggio dell’Imprenditore e dell’Azienda.

Imprenditore avvisato mezzo salvato.

Imprenditore “assettato” del tutto salvato.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

11/10/2022