La tempesta perfetta

Si sono addensate pesanti nubi sopra le nostre economie, nubi che non avrebbero dovuto coglierci di sorpresa se non in parte.

Sono nubi minacciose e grevi che preannunciano la tempesta perfetta.

Da fine 2019 siamo funestati dal Covid che non ci da grossa tregua con tutte le conseguenze sulla capacità produttiva di intere filiere, soprattutto in Asia dove abbiamo abbondantemente delocalizzato con pesanti ricadute sui fatturati delle PMI.

Già dallo scorso anno si ipotizzava, con vari articoli sul nostro blog, che si andava incontro a una impennata dell’inflazione che può essere, più che una fiammata, di medio periodo.

Oggi molte PMI manifatturiere hanno grosse difficoltà ad approvvigionarsi delle necessarie scorte di materie prime e semilavorati con prezzi fuori controllo impedendo una corretta gestione del magazzino e una programmazione del ciclo produttivo e commerciale.

Una recessione strisciante faceva capolino in questi ultimi mesi, a cui si è aggiunta la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia.

Le difficoltà e preoccupazioni di approvvigionamento di gas hanno, se mai possibile, ulteriormente aggravato sia l’inflazione che la recessione.

Insomma, diciamocelo, siamo in una probabile stagflazione.

Siamo usciti dall’emergenza economica, secondo il governo, e il 30 giugno sono scadute le agevolazioni al credito, dal 1° luglio si torna a ragionare con i parametri legati al rating e a Basilea 3.

Dal 15 di luglio è in vigore la nuova normativa sul codice della crisi di impresa, da cui potrebbero non uscire indenni buona parte delle PMI. Qualcuna di esse potrebbe essere parte dei nostri clienti o fornitori strategici, ci siamo preparati a monitorarli? Noi siamo in linea con il cambio di passo?

Questo sta già creando gravi difficoltà di accesso al credito con un già innescato credit crunch.

Proprio in questi giorni diverse istituzioni hanno chiuso i rubinetti e l’Agenzia delle Entrate sta mandando gli avvisi agli organi amministrativi di PMI di futura segnalazione per inadempienza in linea con il codice della crisi di impresa.

Cosa mai avrebbe potuto peggiorare la situazione se non la più grave siccità dell’ultimo secolo?

Manifestazione estrema di un clima avviato a un disastro da noi testardamente e ciecamente provocato.

Anche in questo frangente ripetiamo il nostro motto: “vogliamo essere spettatori o protagonisti?”, subiamo o agiamo?

In questi frangenti vince chi ha la forza e la capacità di creare liquidità con cui fare le necessarie scorte per fare programmazioni almeno semestrali, non manca infatti la domanda, mancano gli approvvigionamenti.

Non è una manovra esente da rischi, tuttavia con un buon controllo di gestione e programmazione della tesoreria, un ferreo controllo del magazzino, sempre che si sia stati capaci di creare e mantenere un buon rating, ci danno sufficienti garanzie di poter fare il passo proporzionato alle nostre possibilità.

Con inflazione alta fare scorte di medio lungo significa potersi permettere di fare offerte ai clienti credibili garantendosi margini accettabili.

La potenza è nulla senza il controllo, così come l’eccesso di controllo a discapito della proattività ci ingessa.

Come già espresso in altri articoli occorre una prudente spregiudicatezza e un ottimo cruscotto di controllo.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

13/07/2022

Tuttologo fai da Te: Quanto costa imparare dagli errori?

Crisi o cambio di Sistema?

In media nel 2015 sono fallite 59 imprese ogni giorno, più di due imprese ogni ora. Dal 2009 a tutto il 2017 inoltre, si contano 78.978 imprese che hanno portato i libri in tribunale, numeri che sottolineano le difficoltà che sta ancora attraversando il nostro tessuto imprenditoriale. Analizzando l’ambito territoriale, la Lombardia nei primi 3 mesi del 2015 si conferma la regione d’Italia in cui si registra il maggior numero di fallimenti, con 784 casi, pari al 20,6% del totale nazionale. Dal 2009 a tutto il 2017 si contano 17.362 imprese lombarde fallite. (Fonte: CRIBIS)

Nel 2021, nonostante i decreti covid che hanno evitato di dover ricorrere al tribunale in presenza di patrimonio netto negativo, le aziende fallite sono state 8.124 con la Lombardia sempre in testa.

Temporary Management:

Gli ambiti di applicazione in cui i temporary manager sono strutturalmente chiamati a operare sono principalmente aree di intervento risolutivo in crisi aziendali e/o sostitutive di vuoti manageriali in azienda, oppure in fasi iniziali di sviluppo del mercato o di business. In riferimento agli interventi per funzione, il temporary management è impiegato, in ordine di importanza, su progetti inerenti casi di riorganizzazione di funzioni del personale, amministrazione finanza e controllo, funzioni di produzione, sostituzione di vuoti manageriali. A questi si vanno ad aggiungere ulteriori progetti che impattano sulla sfera strategica dell’azienda e sul potenziamento del fatturato e/o riposizionamenti di mercato, business development. L’inserimento temporaneo in organico di tali figure ha una vita media intorno all’anno, anche se in diversi casi il loro ruolo può essere esteso ai due o più anni.

Il mondo cambia tutti i giorni, i vecchi paradigmi non pagano più. Utilizzate l’esperienza di chi vive quotidianamente le novità.

Gestione della Tesoreria, Gestione del Rating, Ristrutturazione Aziendale, Innovazione:

Insieme al mancato o errato passaggio generazionale, i temi suesposti sono tra i maggiori responsabili della chiusura delle Micro e PMI. Le Grandi Imprese e l’Industria si possono permettere dei Manager dedicati, le PMI cadono come mosche.

IL TEMPORARY MANAGER È UNA RISORSA NON UN COSTO

Fatevi dare una mano a stare sul mercato

 

Articolo di Marco Simontacchi

29/05/2022

Agite pro viribus

“Agite a seconda della vostra forza” recita un proverbio latino, parrebbe essere cosa scontata, ma non lo è affatto.

“Fare il passo più lungo della gamba” è un fatto a cui assistiamo spesso: a onor del vero buona parte dei nostri clienti ci hanno cercato proprio per aver commesso questo errore in buona fede.

Difficilmente è causato da leggerezza o da insensatezza, quasi sempre è il risultato di una non efficace governance dei dati aziendali e della loro proiezione insieme a una insufficiente analisi lucida di rischi e opportunità.

Viviamo in un mondo che cambia sempre più rapidamente. Chi non ha il coraggio di cambiare altrettanto velocemente resta al palo e soccombe, tanto da far affermare a Kotler che esistono due tipi di aziende: quelle che evolvono e quelle che scompaiono.

Altrettanto pericoloso è l’essere avventati e fare pericolosi salti nel vuoto senza una cosciente visione supportata da dati e previsioni concrete.

Insomma, serve una “ragionevole spregiudicatezza”.

Come facciamo a svilupparla?

Occorre conoscere a fondo il proprio business come elemento principale, capire quali siano le tendenze e se possibile anticiparle di quanto basta per essere al momento giusto con l’offerta giusta. Questa è una dote data da una visione imprenditoriale, chi l’ha ben sviluppata è destinato al successo, chi non l’ha o fa l’eterno fanalino di coda o trova chi l’abbia da portare in dote in azienda.

Bisogna saper fare piani industriali e business plan con numeri concreti e plausibili, figli di una profonda conoscenza del mercato di riferimento e delle leve per saper attirare la domanda e di come chiudere i contratti.

Occorre saper strutturare la propria azienda con ruoli funzioni e compiti che garantiscano una corretta gestione di tutti i flussi operativi, che siano dati, servizi o merci, con responsabilità e deleghe chiare e precise. Potremo così renderci conto se la struttura è in grado di reggere l’impatto del cambiamento.

Avere le giuste linee e leve di governance che permettano di monitorare, dirigere e se necessario aggiustare tutti i flussi di cui sopra, partendo dalla logistica e passando dalla giusta divisione dei carichi di lavoro per non creare colli di bottiglia.

L’aspetto più delicato, dove molti cadono, dopo aver fatto correttamente i passaggi precedenti, è la gestione dei flussi di cassa: cioè prevedere il fabbisogno finanziario con un cospicuo margine per far fronte a tutti gli impegni finanziari che derivano dal ciclo economico aziendale. Dopo averlo previsto vanno anche reperiti i fondi necessari per dar linfa vitale al progetto.

Tutto qui? Assolutamente no, vanno analizzati in una ottica di risk governance tutti i problemi che possono insorgere e prevedere la soluzione ad essi senza che vadano a far naufragare i progetti. Finanche i worst case o un disaster recovery.

Solo allora potremo dire di aver sviluppato una “ragionevole spregiudicatezza” e di agire “pro viribus”.

 

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

12/04/2022

 

Adeguati assetti di governance PMI

Il 17 marzo u.s. è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo riguardante i segnali di allerta di probabilità di insolvenza nel quadro degli adeguati assetti amministrativi e contabili che riallineano il nuovo Codice della Crisi di Impresa della Direttiva 2019/1023.

Dopo vari rimandi e cambi di rotta dal DL 14/2019, si delinea la Risk Governance di cui dovranno dotarsi tutte le aziende, senza la quale gli Amministratori saranno chiamati a rispondere personalmente e patrimonialmente di eventuali crisi di impresa non governate come da normative.

La governance si svolgerà in tre distinte attività: di diagnosi, di controllo e di monitoraggio, vediamo meglio.

  • Diagnosi del rischio di impresa – vanno istituiti dei processi interni di valutazione e verifica continua della adeguatezza economica, finanziaria e patrimoniale per rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario.
  • Controllo – (ex ante) va istituita una funzione di risk management sulla previsione, pianificazione e gestione dei rischi di impresa. Si deve verificare la sostenibilità dei debiti e la presenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme introducendo sistemi di gestione della tesoreria su base non solo rendicontale ma anche previsionale con uno scadenzario evoluto.
  • Monitoraggio – (ex post) vanno controllati tutti i segnali, quantitativi e qualitativi, creando delle procedure interne di allerta che segnalino che si sta raggiungendo la soglia massima di tollerabilità dell’azienda prima di una potenziale crisi di insolvenza. Vanno costituiti sistemi di pianificazione aziendale e controllo dei rischi d’impresa per controllare tutti quei segnali e verificare, se il caso, la ragionevole perseguibilità del risanamento.

Cosa dovrà essere posto sotto osservazione nel monitoraggio di assoluta rilevanza?

  1. l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni che equivalgano o superino il 50% dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni.
  2. l’esistenza di debiti scaduti verso fornitori da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni, anche se non ancora tecnicamente in past due, o che abbiano superato per uguale tempo il limite di qualsivoglia affidamento, se sono pari o superiori al 5% del totale degli affidamenti
  4. l’esistenza di una o più esposizioni debitorie nei confronti dei creditori pubblici qualificati: erario, enti previdenziali, agenti della riscossione.

A prima lettura può sembrare un impianto complesso e laborioso o una perdita di tempo. Se così fosse riflettete sul fatto che una azienda strutturata e votata a sopravvivere e prosperare attraverso le crisi naturali dei mercati non può non esserne dotata.

Servono strumenti informatici adeguati, metodo e capacità di lettura, anche prospettica, dei dati e una spiccata propensione al problem solving.

Esistono oggi professionalità capaci di dotare le aziende sia dei mezzi che della cultura e capacità a creare quella adeguata governance che già dovrebbe essere patrimonio aziendale prima ancora che obbligo legislativo.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

04/04/2022

 

 

Da inflazione a stagflazione: gli scenari

Stiamo per entrare in un momento complesso e pieno di incognite.

Da un lato l’aumento delle materie prime e dell’energia sta innescando un movimento inflattivo destinato a durare nel medio, dall’altro proprio le difficoltà di approvvigionamento e le sanzioni alla Russia stanno comprimendo sia domanda che offerta creando le premesse per un rallentamento delle economie, in modo particolare quelle europee.

Fin ora le economie occidentali hanno inondato i mercati di liquidità per far fronte alla crisi pre pandemia prima e pandemica successivamente, ora ci si potrebbe aspettare una stretta creditizia con aumento dei tassi per raffreddare l’inflazione. La FED negli Stati Uniti si sta preparando a tali interventi su una economia che non mostra segni di rallentamento evidenti.

In Europa abbiamo tutt’altro scenario: abbiamo una impennata del costo non solo delle materie prime ma soprattutto dell’energia e dei combustibili a differenza delle altre economie.

La dipendenza dalla Russia sia per il gas, nostro principale fornitore, sia per il petrolio, uno dei primi produttori, per i cereali che con l’Ucraina rappresentano i maggiori fornitori, ci rende una via d’uscita veloce estremamente improbabile.

Approvvigionarsi via nave cisterna e rigassificatori rispetto ai gasdotti costerebbe di più e non sostituirebbe quantitativamente il fabbisogno, creando ulteriori tensioni sia sui prezzi che sugli approvvigionamenti.

L’Opec non sembra propensa ad aumentare la produzione di greggio per supplire ma sta comoda a godersi i maggiori profitti.

Questi costi in impennata rischiano di portarci a una inflazione a due cifre in modo stabile per il medio periodo, né una rapida ricomposizione della crisi con la Russia sembra credibile.

Le economie europee stanno rallentando e perdendo di impulso, rischiamo di entrare in una recessione o quantomeno in un forte rallentamento della crescita.

Le nostre banche centrali o accettano di subire una inflazione stabile a due cifre, con ciò che ne consegue, oppure attuano una stretta creditizia provocando una recessione senza paracadute con altre disastrose conseguenze.

Si sta agitando, soprattutto per le nostre economie, lo spettro dell’inflazione inversa, ovvero della stagflazione, una alta inflazione con rallentamento economico, uno dei peggiori scenari in cui trovarsi.

Come sempre uno scenario non è solo negativo o catastrofico, parecchie aziende salteranno lasciando spazi da colmare per quelle che hanno saputo posizionarsi correttamente per tempo.

Non a caso nelle grosse imprese è caccia ai risk manager più qualificati da inserire nei consigli di amministrazione.

È questione di scelte, subire o prevenire, a noi tutti la decisione: essere spettatori o protagonisti.

 

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

28/03/2022

 

Crediti commerciali croce e delizia

Una dilazione di pagamento genera un credito commerciale, avremo un fornitore che a fronte di un contratto obbliga un cliente a un corrispettivo a una o più determinate scadenze.

Mentre la prestazione è certa essendo già avvenuta, l’incasso prevede per sua natura un certo rischio tanto più alto quanto più è il tempo di dilazionamento.

Un rischio che ha due facce.

Una che ci riguarda direttamente, sia il fattore tempo che la parte di portafoglio che dilazioniamo dilata l’indice di rotazione dei crediti.

L’altra che riguarda i clienti, il rischio di insolvenza che è intrinseco e proprio di ciascun nostro cliente e che è direttamente influenzato anche dal tempo di incasso.

Siamo a nostra volta clienti di fornitori, quindi abbiamo a nostra volta delle dilazioni di pagamento che generano l’indice di rotazione dei debiti.

Se sommiamo agli indici di rotazione debiti/crediti i tempi di produzione e di giacenza media di magazzino avremo il nostro fabbisogno finanziario per approvvigionare l’azienda della liquidità necessaria.

Buona parte delle Micro e PMI ha un indice di rotazione debiti/crediti negativo tra i 30 e i 45 giorni se non oltre, generando un fabbisogno finanziario medio per supportare i crediti commerciali tra circa il 20% e il 30% del fatturato.

Vanno valutati i costi di approvvigionamento sul mercato, se non disponiamo di mezzi propri, nel qual caso parte dei nostri margini andranno a remunerare il capitale di terzi – lavoriamo per gli Istituti di Credito. Calcolando costi fissi e variabili di approvvigionamento potrebbe andarsene un 5% all’anno di quella percentuale di fatturato medio su cui siamo esposti.

Vanno valutati anche i rischi di insolvenza che in prima battuta generano dei costi finanziari ulteriori andando ad aumentare il fabbisogno finanziario. A seguire costi di recupero bonario o forzato del credito o nella peggiore delle ipotesi si somma la perdita del credito per default o per impossibilità di recupero.

I clienti esteri sono un doppio problema, non tutti i paesi o clienti sono accettati dal sistema per essere anticipati e oltre confine il recupero può non essere agevole o possibile, o più semplicemente antieconomico.

Per ogni problema esiste una soluzione, nel nostro caso ve ne sono diverse.

Va in prima battuta conosciuto il rischio legato al nostro cliente e deciso un plafond di affidabilità oltre il quale non andare. Tale rischio si chiama rating, e varia nel tempo, anche rapidamente.

Dobbiamo anche conoscere le regole del recupero del credito nel paese di residenza del debitore e l’accessibilità a tali procedure e i presumibili costi.

Dobbiamo avere corrispondenti in tali paesi che possano fare una eventuale sollecitazione e recupero in modo efficace e pronto.

Avere un margine di cassa sempre disponibile per far fronte ai ritardati pagamenti e agli insoluti.

A nostra volta dovremo curare che il nostro rating ci ponga verso i fornitori, anche e soprattutto di finanza, come credibili e degni delle migliori condizioni e dei plafond che ci permettano di prosperare. La nostra credibilità è anche misurata dalla bontà del portafoglio crediti commerciali.

Quanto sopra è un lavoro, quello del Credit Manager.

La buona notizia è che esistono soluzioni semplici, veloci non invasive né eccessivamente costose, che ci risolvano i problemi connessi alle dilazioni di pagamento rendendoci nel contempo liquidi i crediti commerciali.

A tutto favore della cassa, dell’indice di rotazione debiti/crediti, della composizione di bilancio e del rating. E dei nostri sonni tranquilli.

Le soluzioni possono essere diverse a seconda dei casi e delle particolarità sia del creditore che del debitore o della natura del credito e tutte passano dalla valutazione dei rating.

Oppure lasciamo tutto al caso, compresa la copertura finanziaria dei fabbisogni del delta tra pagamento fornitori, tempi di produzione/erogazione e tempi di incasso.

Se tutto va bene accenderemo un cero, altrimenti decideranno il destino della nostra impresa i fornitori o un commissario.

 

Noi siamo pronti, voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

19/03/2022

Rating senza veli

Si parla molto e spesso di rating, essenzialmente di cosa si tratta?

Il rating è la valutazione che viene data in base a dei parametri che classifica le società, qualunque esse siano, in base alla capacità di far fronte ai propri impegni.

Quali sono le classi di rating e cosa significano:

AAA     Ottima capacità di far fronte ai propri debiti

AA       Buona capacità di far fronte ai propri debiti

A         Solida capacità di far fronte ai propri debiti che può peggiorare in circostanze avverse

BBB     Media capacità di far fronte ai propri debiti che potrebbe deteriorarsi

BB       Capacità di far fronte ai propri debiti con un certo rischio

B         Capacità di far fronte ai propri debiti a rischio

CCC     Società a rischio

CC    Società ad alto rischio

C          Società a rischio estremamente elevato

D         Default

Il calcolo viene eseguito tramite dei parametri economico finanziari detti quantitativi e dei parametri soggettivi legati al contesto e agli aspetti aziendali detti qualitativi.

La trasparenza è già di per sé stessa un aspetto di valutazione positivo, più un nostro interlocutore riesce a “leggere” la nostra azienda meno si alzeranno i muri della diffidenza.

Allo stesso tempo dovremo educarci oltre al governo del nostro rating anche al monitoraggio del rating dei nostri Clienti e Fornitori strategici, oggi non ci sono più alibi nel trovarsi impreparati di fronte al default a monte o a valle della nostra filiera produttiva.

Concetto analogo è il Credit Scoring, il punteggio che un Istituto Finanziario assegna al nostro merito creditizio, ovvero al livello di rischio di insolvenza che, come creditori, rappresentiamo.

Più è alto più l’Istituto dovrà accantonare per far fronte a eventuali default e di conseguenza si alza il costo per l’Istituto stesso e per il cliente.

La curva dell’efficienza stessa quando si alza troppo rende non più sostenibile per un Istituto finanziare il soggetto con rating alto, al di là di qualunque discorso di merito o di rischio.

Quando tale curva dovesse poi avvicinarsi alla soglia di usura diviene tecnicamente impossibile finanziare un soggetto.

Lo scoring è influenzato in modo sensibile anche da un ulteriore fattore: l’andamentale; ovvero lo storico di come utilizziamo la finanza messa a nostra disposizione, visibile dagli Istituti vigilati da Banca d’Italia in modo analitico per i propri Clienti e in modo sintetico per tutti gli altri tramite la Centrale Rischi di Banca d’Italia.

Ogni soggetto, fisico o giuridico, può accedere a tali informazioni, analitiche e complete, per sé stesso facendone domanda.

Tali informazioni ci ritornano la posizione debitoria, eventuali fidejussioni e segnalazioni e l’utilizzo degli strumenti di affidamento.

È fondamentale governare tutti i parametri che compongono Rating, Scoring e Centrale Rischi, da essi dipendono sia la finanziabilità dell’azienda sia la remunerazione che va data al capitale di terzi.

In caso di impennata dello scoring o di abbassamento del rating, una segnalazione in Centrale Rischi comporta entrambi i casi, gli effetti possono essere immediati, porvi rimedio potrebbe significare lavorare sui propri conti anche per un paio di esercizi.

La ricaduta più leggera può essere un aumento del costo della finanza, il rischio è di vedersi ridurre gli affidamenti e nei casi più gravi la chiusura di tutti i rapporti affidati o addirittura dei rapporti di conto corrente.

Perché rischiare? Attiviamoci per avere il controllo in previsionale ed evitare danni futuri, a volte la cassetta dei cerotti potrebbe non essere sufficiente.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

05/03/2022

 

 

 

Inflazione e recessione possibili: cosa fare?

Vi sono due potenziali fenomeni che bussano alla porta delle economie mondiali:

Inflazione e Recessione.

I dati inflattivi dovuti alla impennata delle materie prime e del costo dell’energia pare non possano sgonfiarsi nel breve, si parla ormai di crisi di medio periodo.

A peggiorare la situazione sono le superpotenze economiche, Cina in testa, che stanno portando le scorte in generale a 18/24 mesi creando un circolo vizioso di cui non si comprende ancora la portata.

L’accelerazione della crescita delle Masse Monetarie – M1 M2 e M3 – se da un lato assicurano liquidità alle economie, dall’altro generano nel medio spinte inflattive che difficilmente si riescono a raffreddare nel breve. Liquidità che non è andata, se non in parte, a beneficiare le attività produttive direttamente.

Basta dare un occhio al grafico storico dell’inflazione in zona Euro dall’esordio ad oggi.

Se l’aumento dell’inflazione è sulla bocca di tutti e già se ne sono avvertiti gli effetti nel portafoglio, diversa è la percezione riguardo a una potenziale recessione.

I segnali sono molteplici.

Nel 2022 si prevedono molti default, di cui ci sono già tutti i segnali, soprattutto tra le PMI: ne parlammo in un precedente articolo.

L’aumento vertiginoso dei prezzi, soprattutto dell’energia, ha già dato un brusco arresto al PIL Euro, a gennaio 22 si parla di oltre un -1%.

Un forte segnale premonitore è l’inversione dei tassi USA, negli ultimi decenni ad ogni superamento dei tassi a breve (2 anni) rispetto ai tassi a lungo (10 anni) è corrisposta una recessione. Questa inversione è dovuta al fatto che gli investitori vedono nel breve un maggior pericolo che nel lungo periodo, sta a significare che danno già per certa una recessione.

Il seguente grafico sullo spread tra Y10 – Y2 USA, senza scomodare analisi tecniche circa doppi massimi e violazione dei supporti di medio e lungo, è abbastanza eloquente sul trend e sulle possibilità di una recessione a breve.

Come sempre tutto ciò non è né un bene né un male, sono assestamenti necessari in qualunque sistema economico, riallineano finanza ed economia evitando guai peggiori nel futuro.

Dipende da come sappiamo prevenire e gestire tali fenomeni: possiamo creare le basi per cavalcarli e trarne vantaggio, le grosse fortune sono state create spesso da chi ha saputo essere lungimirante in tempi di crisi.

Serve un mix di intraprendenza e di prudente saggezza viste con una consapevolezza e un controllo superiori alla media.

Non esiste LA soluzione, esistono molte variabili: contesto, settore, diversificazione, stato di salute aziendale e altro ancora, esistono tuttavia diversi accorgimenti.

Primo effettuare un checkup dello stato di salute aziendale quindi rendere congrui patrimonio netto e disponibilità finanziarie, diminuire o diluire nel tempo l’indebitamento, ridurre i costi fissi a favore dei variabili, diversificare in tutti settori della filiera, tenere sotto controllo fornitori e clientela, ampliare la propria visione e creare robusti piani industriali con vari scenari, giusto per citare alcuni esempi.

Negli affari si evolve o ci si estingue.

Voi che ne pensate, siete pronti a cavalcare l’onda o aspettate di subire la marea?

Noi ci siamo, Voi?

 

*nei link articoli di approfondimento

 

Articolo di Marco Simontacchi

06/02/2022

 

L’autolesionismo del prelevamento soci

Una pessima abitudine, soprattutto nelle società di persone, è il prelevamento soci.

Nelle società di capitale deve essere regolamentato e se non corrisponde ad utile effettivamente maturato a fine esercizio deve essere ripianato.

Nelle società di persone, complice la maggior elasticità formale e la maggior confusione tra persona e azienda, purtroppo è spesso cattiva abitudine.

In tali aziende l’art 2303 del Codice civile cita: è vietato farsi luogo a ripartizione di somme se non per utili realmente conseguiti.

Questo di norma sempre e comunque, quindi sono sempre vietati acconti sugli utili a meno che vi sia una specifica clausola.

Anche in presenza di tale clausola l’operazione non è automaticamente da ritenersi valida e opportuna, occorre che effettivamente tali utili poi si realizzino.

In caso contrario, a meno di un ripianamento, si incorre nella distrazione illecita di attività sociali.

Suddetti prelievi inoltre vanno a sottrarsi al patrimonio netto determinando un deterioramento di tutti i parametri aziendali.

Le conseguenze possono essere molto gravi, da un mancato rinnovo delle linee di credito, alla chiusura dei rapporti di conto corrente sino al fallimento della società.

In quest’ultimo caso vi è responsabilità giuridica, e revocatoria a parte di tutte le somme prelevate, vi sono risvolti penali da non sottovalutare.

Nel reato di bancarotta fraudolenta (art. 216 L.F.) una delle tre diverse tipologie è quella patrimoniale di cui la distrazione è la condotta più ricorrente.

Non si pensi inoltre di poter portare avanti tale malpratica, anche in presenza di utili, in modo da evitare di versare quanto più possibile al fisco i contributi, dall’erario, in presenza di regola e continuità verrebbe interpretato ciò come pagamento “in nero”, con tutte le conseguenze del caso.

Come ovviare?

I casi sono due, o esiste la possibilità di aspettare a fine esercizio e prelevare tutti gli utili ripartendoli tra i soci in modo corretto e ufficiale, remunerando quindi il proprio lavoro una volta all’anno con gli utili effettivamente conseguiti, o remunerarsi come amministratori con regolare cedolino, o un mix tra le due opzioni.

Evitiamo di fare come Tafazzi e mettiamo in ordine i nostri conti, ne guadagnerà l’azienda e ne guadagnerà l’imprenditore.

Articolo di Marco Simontacchi

31/01/22

 

Novità e opportunità nella gestione da sovraindebitamento.

Con il DL Giustizia 05/08/21 entra in vigore il Codice della crisi di impresa, dal 15 novembre la nuova procedura negoziale e dal 31/12/23 le misure di allerta.

Con il Decreto Ristori invece si è anticipata l’entrata in vigore di alcune norme del Codice per agevolare situazioni di crisi da sovraindebitamento. Saranno valide anche per le procedure pendenti alla data del 25/12/2020, un regalo di Natale per quelle aziende o famiglie in crisi visto il momento.

Le procedure di rientro dai debiti diventano più accessibili e facili; viene introdotto anche il sovraindebitamento famigliare; si ammette la domanda del debitore incapiente; viene sanzionato il creditore che aggrava la situazione di indebitamento.

Possono accedere il consumatore – compreso i soci di società di persone – i membri di una stessa famiglia possono accedere in una unica procedura, ex imprenditori, startup innovative, le piccole imprese sotto alla soglia fallimentare e studi professionali.

Vi è un merito per l’accesso, ossia non deve esserci da parte del debitore colpa grave, malafede o frode.

In caso di totale incapienza, quindi che il debitore non abbia i mezzi per far fronte a nulla nel presente né nel futuro, si procede all’esdebitazione, alla liberazione dal debito. Fatto salvo l’obbligo entro i 4 anni in caso di novità rilevanti di soddisfare i creditori almeno in misura del 10%.

Si è accennato a sanzioni verso i creditori che abbiano in qualche modo aggravato colpevolmente la situazione, essi non potranno presentare osservazioni sul piano né reclami verso l’omologazione e l’unica causa di inammissibilità che potranno far valere è solo in caso di comportamenti dolosi del creditore.

Tre sono le principali soluzioni di composizione della crisi:

Accordo di ristrutturazione per piccoli imprenditori

Piani del consumatore

Liquidazione del patrimonio nel rispetto dei beni essenziali.

Noi ci siamo attrezzati.

Articolo di Marco Simontacchi

17/01/2022