Aziende sotto assedio del cyber crime

Dal report “ Clusit – Rapporto 2021 sulla Sicurezza ICT in Italia ” si legge che nel 2020 vi è stato un record di casi: in totale vi sono stati 1.871 attacchi gravi di dominio pubblico rilevati con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica. L’aumento degli attacchi cyber è stato del 12% rispetto al 2019 e negli ultimi quattro anni il trend di crescita si è confermato in stabile crescita, marcando un aumento degli attacchi gravi del 66% rispetto al 2017.

Nello scorso anno tra gli attacchi rilevati e andati a buon fine si è verificato nel 56% dei casi un impatto alto e critico e che nel 44% è stato di gravità media.

I settori più colpiti sono stati:

“Multiple Targets”, 20% del totale Si tratta di attacchi realizzati in parallelo verso obiettivi molteplici e indifferenziati, che vengono colpiti industrialmente e serialmente dal cyber crime.

Settore Governativo, Militare, Forze dell’Ordine e Intelligence, con il 14% degli attacchi.

Sanità, il 12% del totale degli attacchi.

Ricerca/Istruzione, l’11% degli attacchi.

Servizi Online, il 10% degli attacchi.

In forte aumento gli attacchi verso Banking & Finance (8%), Produttori di tecnologie hardware e software (5%) e Infrastrutture Critiche (4%).

Si è notato un incremento di attacchi infiltrati tramite l’utilizzo fraudolento della supply chain, ovvero tramite la compromissione di terze parti, portale che consente ai malintenzionati di colpire tutti i contatti dell’ignaro compromesso, moltiplicando geometricamente sottotraccia il numero delle vittime.

Uno degli strumenti chiave è il Malware (42%), con largo uso di Ransomware nel 29% dei casi in significativa crescita sia numericamente che in dimensioni della richiesta.

In preoccupante aumento le tecniche sconosciute tra cui i Data Breach (20%), seguono Phishing & Social Engineering (15%), tramite vulnerabilità pure loro in aumento (+ 10%) dopo una flessione del 2019 (-29%) probabilmente a causa dello smart working.

In sintesi, l’impressione è che ci si affidi a un buon antivirus e firewall sperando così di essere tranquilli.

La realtà è che, pur essendo indispensabili, solo la minima parte dei crimini avviene per vulnerabilità (10%) il rimanente è dovuto alla sempre maggior abilità e “professionalità” dei cyber criminali.

La torta è sempre più grossa e appetibile con giro d’affari impressionante, la fase industriale e seriale degli attacchi è già iniziata e le Micro PMI, ignare, sono sotto assedio.

Il fai da te può costare molto caro, anche in termini di immagine e con il GDPR non denunciare un data breach può costare molto caro.

Meglio affidarsi a professionisti e ricorrere a un buon risk management, che non passa solo attraverso hardware e software promuovendo anche la creazione di una cultura e l’utilizzo di strumenti che minimizzino rischi ed impatto.

Noi siamo pronti e voi?

Articolo di Marco Simontacchi

19/12/2021

L’impatto devastante degli aumenti dei materiali

In un recentissimo studio il MIMS (Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), un dicastero del governo italiano che monitora 56 materiali da costruzione, ha analizzato in una riunione del 10 novembre u.s. la situazione dei materiali che hanno subito un aumento di oltre 8% già nel primo semestre del 2021.

Ben 36 su 56 materiali costituenti il paniere sono risultati superiori a una variazione di +8% nel 2021, tra cui ferro +43% – lamiere in acciaio +50% – fili di rame +23% – tubazioni in PVC +21%.

Per un effetto distorsivo dei parametri di calcolo adottati, ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) tramite un comunicato stampa ha fatto sapere che tali aumenti sono di fatto inferiori alla realtà e che non ritiene quindi di approvare tali tabelle.

MIMS ed ANCE fanno riferimento al settore edilizio e cantieristico, in realtà questi aumenti colpiscono direttamente tutto il settore manifatturiero e in modo indiretto, di conseguenza, tutti gli altri settori collegati.

Sono esclusi da tale elenco, inoltre, materie prime essenziali quali legname, calcestruzzo, gas naturali ed energia elettrica, che hanno subito aumenti altrettanto importanti se non superiori, basti pensare che il legname da costruzione ha subito aumenti medi intorno al 200%.

L’effetto domino su tutta l’economia è facilmente immaginabile e le conseguenze impattano già nell’immediato senza che ci sia una visione chiara per il medio e lungo periodo.

Ora più che mai le Micro PMI sono a rischio di trovarsi già nel giro di un mese con forti passivi dovuti all’aumento di quasi tutte le materie prime, semilavorati ed energia con ordini e offerte con probabili margini negativi.

È quindi intuitivo che senza un metodico e tempestivo controllo quotidiano di offerte, ordini e commesse il rischio di default sia dietro l’angolo.

Tale controllo è possibile solo con metodo, conoscenza di tutti i processi, monitoraggio continuo e programmi adatti.

La grande flessibilità delle Micro PMI potrebbe dare loro un vantaggio rispetto alle più lente grandi imprese, a patto di dotarsi come queste ultime di un impianto di controllo e di gestione efficace almeno quanto il loro.

Fantascienza? No, realtà possibile e sostenibile, anche senza il Management e i complessi programmi tipici delle Grandi Imprese e dell’Industria.

Noi siamo pronti, e voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

13/12/2021

PMI Europee a rischio default – soluzioni.

Un recentissimo studio di Afme (Association for Financial Markets in Europe) realizzato con Pwc (PricewaterhouseCoopers) mostra come le vicissitudini Covid abbiano generato un buco di 500 / 600 miliardi di euro nei conti delle PMI europee.

Lo andiamo dicendo da diverso tempo, a breve buona parte delle PMI sono a rischio default. Buono l’art. 6 del Decreto Liquidità, ratificato con la Legge di Bilancio a giugno 2021, di spalmare le perdite 2020 sui cinque esercizi successivi, ma non vi è alcuna indicazione o modifica al TUB (Testo Unico Bancario) in merito ad alcuna deroga nei rinnovi o concessione di affidamenti alle aziende depatrimonializzate, che non hanno più i parametri per l’accesso al credito. A fine anno scadono le moratorie sui rinnovi e sarà strage.

Chiaro il messaggio lanciato da Afme all’Unione europea e ai Governi nazionali: salvate le imprese prima che la situazione produca un effetto domino con gravi danni economici e sociali, va fatto subito con strumenti il meno invasivi possibile.

Più che di prestiti occorrerebbe uno strumento misto tra lending ed equity che ricapitalizzi le PMI anche a vantaggio dei parametri componenti il rating, passaggio obbligato per mantenere l’accesso al credito, senza però diluire l’azionariato. Fatto non accettabile dagli Azionisti.

Francia, Spagna e Olanda sono già intervenute su questa strada. Afme ricorda che non è sufficiente, e vista la natura e la finalità degli interventi, per attirare i capitali finanziari, dovrebbe essere costituita una piattaforma o dei fondi controgarantiti in qualche modo da fondi centrali governativi o sovranazionali.

I singoli paesi probabilmente da soli non hanno le risorse: Afme ha incaricato Pwc di analizzare le legislazioni di vari Paesi europei e le loro singolarità con lo scopo di dare ai singoli Paesi gli strumenti per creare iniziative a sostegno delle Pmi.

Il tempo stringe e il conto alla rovescia è iniziato, speriamo qualcosa si muova e velocemente.

 

Articolo di Marco Simontacchi

21/11/2021

La potenza è nulla senza il controllo (di gestione).

Recitava così lo slogan di una nota marca di pneumatici che ritraeva Ronaldo in equilibrio sopra a Rio de Janeiro o un centometrista ai blocchi di partenza con tacco 12 a spillo ai piedi.

Rende subito l’idea e fa sorridere, ma se trasliamo il concetto dalla tenuta delle automobili alla tenuta dei conti aziendali forse diventiamo più seri e pensierosi.

Si è fatto obbligatorio da subito per diversi motivi redigere un rendiconto preventivo sui 12 mesi che si trasformi man mano anche in consuntivo.

  • Con il nuovo principio Ifrs 9 sugli strumenti finanziari, con un notevole impatto sui loro bilanci, gli istituti di credito dovranno valutare il rischio creditizio, facendo gli opportuni accantonamenti, non più solo su base storica, ma anche con valutazioni di carattere prospettico sulla capacità di rimborso dei propri debitori. Ciò comporterà che le Aziende che intendano ricorrere al credito saranno tenute a prevedere adeguati strumenti previsionali e di controllo che integrino la rendicontazione periodica, bilanci di esercizio provvisori, con informazioni prospettiche su marginalità, flussi di cassa e gestione del rating.
  • Con l’avvento del nuovo codice della crisi d’impresa, 155/2017, il cui art. 375 ha modificato l’art. 2086 del Codice Civile, l’Imprenditore ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile compatibile con: le dimensioni societarie – natura della società – modalità di perseguimento dell’oggetto sociale. Quindi una pianificazione e un controllo non solo a posteriori ma anche prospettica per garantire un sufficiente flusso di cassa e scongiurare una crisi di insolvenza.
  • Questa nuova legge ha modificato completamente la responsabilità degli Amministratori tant’è che il recente comma 6 dell’art. 2476 del Codice Civile recita che qualsivoglia creditore sociale può ricorrere qualora vi sia una mancata preservazione del patrimonio sociale e non siano stati adottati gli strumenti atti a riconoscere e prevenire uno stato di crisi che minacciasse la continuità aziendale. Gli Amministratori che non si preoccupassero di stabilire tali misure si troverebbero a rispondere illimitatamente e personalmente.

In pratica, senza che sia espressamente scritto, è sancito l’obbligo di istituire un controllo di gestione con previsionale.

Come sempre possiamo vedere in modo diametralmente opposto la medesima questione, come problema o come opportunità. Pragmaticamente ci sentiamo di dire che adottare un sistema di controllo, sia retrospettivo che previsionale, ci permette di avere un navigatore e un cruscotto di controllo che indichi all’azienda la strada, gli eventuali scarrocciamenti e gli opportuni aggiustamenti, per arrivare senza danni a raggiungere i propri obbiettivi. Ben gestito solleverebbe inoltre gli amministratori dal trovarsi responsabili personalmente in caso di crisi. Con le opportune conoscenze e strumenti è veloce e tutt’altro che complicato istituirlo e gestirlo.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

Dilazioni di pagamento sotto la lente

Con la crisi vi è un aumento di insolvenze tra chi utilizza la dilazione di pagamento tale da indurre buona parte delle aziende a cambiare approccio riguardo alla concessione di credito.

Le grandi imprese si giovano di figure professionali quali il Credit Manager, che monitorano costantemente la clientela per assicurarsi che il loro portafoglio rimanga sano e operano valutazioni preventive sui nuovi clienti.

Si avvalgono di piattaforme professionali di rating e di credit check oltre che di attività investigative creando così un rating interno verso clienti e fornitori strategici che li metta al riparo da amare sorprese.

Le PMI in questo si trovano nella duplice veste sia di fornitori che di clienti, con lo svantaggio, spesso, di giocare a mosca cieca.

Buona parte delle PMI ha cicli di rotazione negativi, per cui necessitano di poter contare su una dilazione di pagamento dai fornitori tale che li aiuti a gestire il largo credito che spesso sono tenuti a fare verso i loro clienti per portare a casa ordini. Per chi esporta il problema poi è reso ancora più difficile dal fatto che diverse nazioni importatrici di nostri manufatti non rientrano nella possibilità di vedere le loro aziende accreditate per essere messe allo sconto su un conto anticipi, che sia un affidamento o un factoring.

Chi esporta in Africa, Asia, Russia e Americhe sa bene quanto sia difficile gestire il credito.

Tuttavia, la buona notizia è che anche le Micro PMI oggi possono utilizzare strumenti e professionalità a loro portata, che non solo li aiutino a mantenere un profilo e un rating tale da risultare appetibili nella duplice veste di cliente o di fornitore, ma anche di poter monetizzare i propri crediti rendendo marginali, se non annullare, i rischi di insolvenza.

La crisi, infatti, ha accelerato la tendenza già in atto da tempo di veder nascere e sviluppare strumenti alternativi e complementari a quelli tradizionali bancari che supportino proprio le Micro PMI a gestire i propri flussi finanziari come le grandi imprese. A patto che i loro conti e i loro parametri siano solidi e trasparenti.

Serve quindi un approccio manageriale e professionale, dato da CFO e Credit Manager nelle grandi imprese, reso disponibile alle Micro PMI da figure professionali che possono affiancarle per i tempi necessari e a costi che, al netto del calo delle insolvenze e del miglioramento se non inversione dell’indice di rotazione debiti e crediti, si traducono spesso in maggior marginalità e minor alea di insolvenza.

 

Marco Simontacchi

Crisi d’impresa: sfortuna o imprevidenza?

Nel 2018 sono fallite 11.277 aziende, in calo del 7% rispetto al 2017 e il minimo toccato dopo il picco del 2014. I miglioramenti hanno riguardato tutta l’economia, ma con tendenze in forte frenata nell’industria (-3% contro il -18,6% dell’anno precedente) e nelle costruzioni (-6,2% contro -16,4%). Nel 2018 il calo dei fallimenti è proseguito nella maggior parte delle regioni italiane.

Nel 2018 è proseguito, per il quarto anno consecutivo, il calo dei fallimenti, che sono tornati al di sotto dei livelli del 2011. Questa tendenza ha riguardato tutta l’economia e ampie aree della Penisola, ma in alcuni segmenti il miglioramento ha perso slancio.

La serie storica evidenzia un miglioramento che dura dal 2015, dopo che nel 2014 i fallimenti avevano toccato un massimo a quota 15.694.

I dati tratti dagli archivi di Cerved indicano che invece nel 2019 si è sostanzialmente esaurito il miglioramento dei fallimenti e delle altre procedure concorsuali, mentre sono tornati ad aumentare concordati preventivi e le chiusure volontarie di imprese in bonis. La frenata ha riguardato soprattutto le imprese che operano nell’industria e nel Nord-Est. I dati regionali evidenziano una forte eterogeneità territoriale. In Veneto e Emilia Romagna si osserva un aumento di tutte le procedure monitorate, mentre solo in Umbria e Sardegna si registra un miglioramento sui tre fronti.

Fonte: Cerved

 

Quali sono le cause principali?

management inadeguato e inesperto

  • investimenti inappropriati, errori di pianificazione
  • incapacita di sviluppare un vantaggio competitivo
  • indebitamento elevato
  • indicatori finanziari insoddisfacenti

valutazioni ottimistiche, sovrastima della domanda

  • over-trading ed eccesso di crescita
  • management competente, dominante e carismatico
  • eccesso di indebitamento

indisponibilità al cambiamento, management lassista e inattivo

  • errori di posizionamento strategico e di marketing
  • influenza di stakeholder esterni
  • forte riduzione del fatturato e delle quote di mercato
  • indicatori finanziari insoddisfacenti

manager dominante e spregiudicato

  • utilizzo di asset aziendali per promuovere ambizioni personali
  • frodi e comportamenti illeciti

 

CAUSE ENDOGENE

Proprietà/Top Management

  • Eccessivo accentramento/conduzione padronale
  • Debolezza dei controlli interni
  • Comportamenti anomali/pregiudizievoli
  • Disimpegno proprietà e/o Top management

Pianificazione e gestione strategica

  • Politiche di espansione errate
  • Errori di marketing
  • Strategia economico finanziaria errata
  • Operazioni di finanza straordinaria
  • Inadeguatezza dell’attività di pianificazione e programmazione

Gestione operativa

  • Struttura dei costi inadeguata
  • Inefficienza dei processi produttivi e organizzativi

CAUSE ESOGENE

Fattori macroeconomici e eventi straordinari

  • Sfavorevole evoluzione delle macro-variabili
  • Cambiamenti normativi
  • Avvenimenti traumatici ed eventi straordinari

Fattori settoriali

  • Sfavorevole evoluzione della domanda globale
  • Fase di maturità/declino del ciclo di vita del settore
  • Discontinuità tecnologica
  • Contesto competitivo

Le determinanti della crisi: La valutazione di sintesi

La ricerca ha per oggetto 86 gruppi imprenditoriali, cui corrispondono 397 societa e 79.694 addetti.

Sono espresse in percentuale di concausa riscontrata su tutte le situazioni analizzate.

Proprietà/Top Management

  • Eccessivo accentramento/conduzione padronale 25,6%
  • Debolezza controlli interni 33,7%
  • Comportamenti anomali 48,8%
  • Disimpegno Proprietà/TM 58,1%

Valori medi 41,6%

Pianificazione e gestione strategica

  • Politiche di espansione errate 61,6%
  • Errori di marketing 17,4%
  • Strategia economico finanziaria 83,7%
  • Operazioni di finanza straordinaria 27,9%
  • Inadeguatezza pianificazione e programmazione 87,2%

Valori medi 55,6%

Gestione operativa

  • Struttura costi inadeguata 81,4%
  • Inefficienze processi produttivi e organizzativi 59,3%

Valori medi 70,4%

Fattori macoeconomici

  • Sfavorevole evoluzione macro-variabili 33,7%
  • Cambiamenti normativi 11,6%
  • Avvenimenti traumatici ed eventi straordinari 30,2%

Valori medi 25,2%

Fattori settoriali

  • Sfavorevole evoluzione domanda globale 68,6%
  • Fase di maturità/declino ciclo di vita del settore 25,6%
  • Discontinuità tecnologica 9,3%
  • Contesto competitivo 70,9%

Valori medi 43,6%

Fonte: Le cause della crisi d’impresa. Analisi dei fattori di crisi delle grandi imprese in Amministrazione Straordinaria (Alberto Falini)

Balza all’occhio come le principali cause siano direttamente collegabili a cause interne all’azienda, pur rimanendo una sensibile percentuale di concausa il fattore esterno.

Il fattore esogeno, se attentamente valutato, comunque suggerisce che con una corretta visione del settore e macroeconomica siano prevedili e prevenibili.

Non tutte le aziende di un settore falliscono contemporaneamente, anzi generalmente le più avvedute escono da una crisi economica e/o settoriale rafforzate e con una share di mercato più forte di prima.

Consapevolezza e capacità di coniugare una visione di medio-lungo con le necessità di breve sono le risorse chiave, unite alla dote di saper giustamente valutare priorità e urgenze sull’asse temporale.

Ovvero le problematiche se risolte si trasformano in vantaggi competitivi.

Oggi gli strumenti per valutare, prevenire e assorbire o scaricare a terzi i risultati di condizioni avverse potenziali o accadute esistono e facilmente accessibili, si tratta di attivarsi e agire di conseguenza.

Marco Simontacchi