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I vantaggi della cessione crediti

Tempi duri per i troppo buoni. La riduzione del fatturato, l’erosione dei margini industriali, l’aumento dei costi fissi ha messo a dura prova la tenuta dei conti aziendali.

Una delle ricadute immediate è il deteriorarsi dei margini di tesoreria che riduce il polmone finanziario a disposizione per far fronte alla rotazione debiti crediti.

Paradossalmente anche con un fatturato minore potrebbero non essere più sufficienti i normali affidamenti.

Altro effetto è il potenziale rischio di insoluto che deriva da una aumentata probabilità di default delle PMI con una velocità incrementata dall’entrata in vigore del nuovo codice della crisi di impresa e dalla stretta creditizia, anche sui rinnovi, imposta da Basilea 3.

Sembra un rompicapo, andare in banca con un bilancio peggiorativo a chiedere un aumento degli affidamenti non è affare semplice, senza contare che così facendo andremmo a peggiorare i parametri che compongono il rating legati a fatturato – utili – debiti – oneri finanziari.

Mettendo a rischio un futuro rinnovo o dovendo incassare condizioni peggiorative già con un rialzo sensibile dei tassi.

A tutto c’è rimedio, esiste la cessione dei crediti pro soluto.

Di fatto andiamo a cedere a istituzione finanziaria terza quel fatturato che riteniamo di voler rendere liquido, risparmiando su costi e con notevoli vantaggi da un punto di vista bilancistico e patrimoniale.

Trasferiremmo anche a terzi il rischio di insolvenza e l’onere di monitorare il merito creditizio del ceduto. Dobbiamo essere affidabili noi e il ceduto e avere il consenso di quest’ultimo alla cessione del credito.

C’è tuttavia una parte di fatturato che non possiamo cedere, vuoi perché estero fuori CEE vuoi perché non è concessa la cessione del credito.

In questo caso, soprattutto in caso di paesi che il sistema finanziario fatica ad anticipare, c’è la possibilità di assicurare il credito commerciale.

Tale garanzia, fino al 90% dell’importo, ci consente di trovare istituzioni finanziarie che rendano liquido il credito senza ulteriori complicazioni.

Con buona pace della nostra cassa e dei nostri affidamenti sfiniti dal duro lavoro.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

19/10/2022

 

Il Timing è tutto

Il timing è tutto

Nel 1860 nella British Columbia veniva fondata Telegraph Creek.

Era nella zona della corsa all’oro, e come tradisce il nome era lo snodo più importante per la linea telegrafica Russia – Stati Uniti attraverso lo Yukon.

Poco dopo la ferrovia rese obsoleto il progetto prima che fosse completato, rimaneva in piedi la linea alternativa dello Yukon, ma prima che fosse finita del tutto nacque la radio, ovviamente senza fili.

Il paese si ridusse a poche centinaia di anime, quante ne conta tutt’ora, centro minerario e importante città di nativi, ma fu completamente abbandonato il progetto telegrafico.

Purtroppo per Telegraph Creek una ottima iniziativa fu cassata da un timing sbagliato che non tenne conto del progresso tecnologico.

Oggi a differenza di allora, il timing e il progresso tecnologico non si misura più in decenni ma in anni, pochi. Con l’avvento della intelligenza artificiale si potrebbe contrarre ulteriormente e drasticamente.

Come evitare di fare progetti alla “Telegraph Creek”?

Due i fattori chiave: competenze e tempo.

Servono competenze specifiche in tutti i settori coinvolti in un progetto per evitare di lavorare di “pancia” senza tenere conto di fattori e cambiamenti determinanti in essere.

Serve una velocità impensabile solo fino a un paio di anni fa.

La pandemia ha sparigliato le carte, con la digitalizzazione di molti processi i tempi si sono accorciati in tutti i settori.

Adottare criteri “analogici” e complessi potrebbe allungare i tempi decisionali e attuativi oltre una dead line e rendere vani tutti gli sforzi a monte.

Dove trovare competenze e processi smart?

Esistono professionalità con i piedi a terra e lo sguardo al futuro che possono aiutare a fare la differenza, basta sapere dove cercare sapendo che il loro non è un costo ma un investimento.

Consulenza Strategica e Temporary Management sono valore aggiunto.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

04/10/2022

 

Finanza alternativa sempre più forte

La finanza che passa al di fuori dei tradizionali veicoli bancari, definita alternativa, oggi è sempre più presente e scelta obbligata in molteplici casi.

Alternativa non è sinonimo né di facile né di destrutturata.

Fanno parte soggetti vigilati da Banca d’Italia, aziende “fintech” estremamente strutturate e organizzate, fondi istituzionali e non che investono sia in lending che in equity o in un mix.

Vi sono soluzioni per ogni esigenza, dall’investimento in equity di lungo periodo sino al prestito di breve o allo smobilizzo dei crediti commerciali o fiscali.

Ciò che le accomuna tutte è la veloce capacità decisionale, esperienza nel saper leggere i dati aziendali e ricerca delle opportunità growth nel mercato delle aziende italiane, anche PMI.

Al contrario del sistema tradizionale gli andamenti passati non rivestono importanza determinante, quello che conta è uno stato patrimoniale interessante, se non vi è equity da parte dell’Imprenditore, non ve ne sarà nemmeno da parte loro, un interessante progetto corredato da piano industriale e business plan dettagliati.

Guardano avanti controllando che le basi di partenza siano concrete e coerenti.

Dimentichiamo le presentazioni superficiali e raffazzonate di una volta per affascinare l’interlocutore, tutto fumo e poca sostanza.

Si ha di fronte interlocutori preparati e pragmatici che sanno incrociare tutti i dati, quantitativi e qualitativi, per comprendere se il progetto ha basi solide oppure è uno schizzo di una speranza.

Servono le competenze per far combaciare progetto, struttura, numeri, proiezioni. Le piroette non sono ammesse.

Ecco spiegato perché seppur più semplice come approccio non è facile né destrutturata.

Se vogliamo proprio puntualizzare si deve essere imprenditori più preparati ed esperti per approcciare l’alternativo, con idee chiare e robuste messe in atto con piani coerenti e dettagliati.

Come sempre è questione di competenze, o le hai tutte o le acquisisci tramite terzi.

Oppure continui a sperare in una finanza ordinaria sempre più ristretta e difficile strozzata da Basilea III e dal credit crunch con dati di bilancio che non diano adito a nessuna ombra.

 

In ogni caso noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

28/09/2022

 

La vera ricchezza è il tempo

Da giovane studente in Cattolica durante una lezione di macroeconomia il docente ci pose una domanda: “qual è il bene più prezioso, la risorsa anaelastica per eccellenza”?

Dopo vari tentativi senza mai arrivare vicini ci diede la soluzione: “il tempo”.

In alcune tradizioni orientali la ricchezza viene misurata in tempo libero da dedicare a sé stessi.

Questo dovrebbe indurci a una seria riflessione, come imprenditori quanto tempo sprechiamo in attività, seppur importanti e urgenti, che sono accessorie a quella tipica dell’imprenditore?

Ci siamo mai sentiti in trappola e cooptati a dedicare buona parte di tempo ed energie in compiti che poco ci piacciono, non ci gratificano e ci distolgono da ciò che sappiamo fare meglio e che più ci rende?

Se la risposta è sì sappiate che siete in nutrita compagnia, la maggior parte degli imprenditori è invischiata in questa insidiosa trappola.

Due i fattori determinanti: la nota poca propensione alla delega nelle PMI e la mancanza cronica di una linea di management che si sobbarchi tali compiti.

Oggi esistono i mezzi per supplire a ciò, e sono un mix di tecnologia e di professionalità.

Questo mix, in realtà un unicum, è rappresentato dal temporary management, incarnato da uno o più professionisti con specializzazioni verticali e dotati dei necessari programmi in grado di sollevare l’imprenditore da quei compiti gravosi fornendogli risposte e soluzioni atte a metterlo in grado di concentrarsi sul proprio mestiere tipico.

Il costo? Molto meno di quanto si possa pensare. Il vero costo è rappresentato, nel non utilizzarlo, dal mancato impegno imprenditoriale nel far crescere e prosperare la propria azienda.

 

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

21/09/2022

Politica strategia tattica e microgestione

Se c’è una lezione da imparare dai fatti salienti di questo periodo, riferendosi alla situazione bellica in Ucraina e dalla crisi energetica conseguente, è che sottovalutare il fil rouge che lega politica – strategia – tattica e microgestione può portare solo a risultati disastrosi.

Chiariamo i significati dei termini:

  • Politica è la finalità e la modalità di governo di un insieme
  • Strategia è il piano di azione per raggiungere gli obiettivi
  • Tattica sono le azioni specifiche per porre in atto la strategia
  • Microgestione è il controllo nel dettaglio delle azioni in essere e compiute

Se non vi è una visione d’insieme, una coerenza sin nel dettaglio di tutti i livelli logici si rischia di vanificare qualsivoglia sforzo o piano e trovarsi con risultati assai differenti dal desiderato.

Un esempio per tutti: una azienda con un buon rating e un dettagliato piano industriale decide di investire nella espansione interna per aumentare fatturato e utili.

Decide le strategie, predispone le azioni richieste delegando e formando il personale necessario, facendo un controllo ecologico che tutti i comparti abbiano gli strumenti per reggere il cambio di passo.

Reperisce i mezzi finanziari per gestire i flussi di cassa e parte per l’avventura.

A fine esercizio chiuso e depositato il bilancio scopre che il maggior indebitamento non seguito da un proporzionale aumento del patrimonio netto ha fatto peggiorare i parametri che garantivano un sereno accesso al credito e che, essendo divenuti più stringenti i requisiti per la finanziabilità, potrebbe avere seri problemi non solo ad aumentare la disponibilità di cassa, ma a rinnovare gli affidamenti già esistenti nella loro interezza. Mettendo a repentaglio il progetto stesso.

Una maggiore attenzione e micro gestione avrebbe senz’altro posto in evidenza il problema in anticipo, permettendo di intervenire con soluzioni strutturali che avrebbero garantito di mettere in sicurezza finanziaria e patrimoniale l’azienda stessa.

Per sviluppare un progetto ben strutturato non occorre essere tuttologi o dei geni della finanza, servono strumenti adatti e chi abbia le conoscenze per utilizzarli proficuamente.

Se avete una brillante idea in testa fatevi aiutare da chi può darvi valore aggiunto.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

 

15/09/2022

 

Crescita felice

Obiettivo di qualunque azienda è di fare utile e di accrescere tale utile il più possibile.

Spesso si confonde utile con fatturato e si cerca di aumentare il secondo a tutti i costi, purtroppo a volte anche a discapito del primo.

Una crescita felice è quando tutti gli aspetti e componenti una azienda si muovono in modo logico e coerente verso l’obiettivo in modo consapevole, come la nave scuola Amerigo Vespucci quando prende il vento con tutte le vele spiegate ad arte.

Al contrario è come navigare in acque basse con la nebbia.

L’azienda è un organismo complesso composto da entità, quali clienti fornitori e personale, da persone, da strutture più o meno complesse, da regolamenti interni ed esterni e da un mercato di riferimento soggetto a regola di domanda offerta, con delicati equilibri interconnessi tra tutti gli aspetti.

Semplificare troppo, se da un lato aiuta a comprendere una complessità, da un altro lato rischia di farci perdere la connessione con una realtà.

Quando si interviene su un aspetto aziendale inevitabilmente si vanno anche a toccare tutti i punti ad esso collegati come in un domino, ciò non è né bene né male, è un fattore di cui tenere conto, e se ben sfruttato porta vantaggi.

Per parlare di crescita si deve pensare anche a fare investimenti, senza i quali difficilmente possiamo aumentare la potenza di fuoco della impresa.

Se si dispone di mezzi propri il problema è già mezzo risolto, altrimenti si deve accedere al credito.

Va fatto un accurato piano industriale e il conseguente business plan e piano di gestione della tesoreria.

L’impatto di un maggiore indebitamento va analizzato sia come possibilità di farvi fronte sia come variazione del rating e conseguente ulteriore accesso al credito.

L’aumento di fatturato genererà, se come spesso accade si ha una rotazione debiti crediti negativa, un fabbisogno di cassa maggiore, dovremo nuovamente accedere al credito e va concordato insieme al finanziamento, dopo potremmo avere sorprese.

Maggiori ordini avranno un impatto su produzione, logistica, amministrazione, vendite: va fatta una analisi sulle conseguenze e necessità, sia come personale che come disponibilità finanziarie.

Analizzare e tenere conto di tutti questi fattori indubbiamente è lavoro articolato e complesso.

Le grandi imprese e l’industria hanno manager dedicati, le PMI soffrono invece di carenza di figure specializzate e spesso navigano a vista in quelle secche nebbiose lavorando di feedback.

Farsi affiancare da specialisti per affrontare con la consapevolezza dei grandi imprenditori e con l’agilità delle PMI i cambiamenti porrebbe le piccole e medie imprese in un vantaggio competitivo, sempre un passo avanti alle grandi e lente imprese.

Questione di scelte.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

03/09/2022

 

Nuova era PMI

Siamo al terzo anno di crisi a cui seguirà probabilmente un quarto, Covid prima e guerra poi hanno generato uno stormo di cigni neri.

Il futuro non appare nemmeno libero da ulteriori tempeste, citiamo ad esempio:

  • cambiamento climatico
  • venti di guerra in Asia
  • tensioni nei Balcani
  • stretta dei fondi sulla fintech
  • bolla delle criptovalute
  • inflazione in impennata
  • crisi energetica

Ci fermiamo qui per non creare pessimismo, vorremmo invece dare un senso di realtà.

Le statistiche nel 2017 davano la preoccupazione di approvvigionamento finanziario per le PMI al 8% mentre ricerca di nuova clientela era al 24%, tre volte tanto. La prosperità era vista in funzione del nuovo business.

Oggi nel 2022 la situazione è profondamente cambiata: l’accesso al credito è divenuto estremamente selettivo, oltre a un ottimo bilancio, almeno nella sua composizione, si deve anche garantire una buona trasparenza sui bilancini periodici e soprattutto business plan concreti e dimostrabili, oltre a una centrale rischi immacolata.

L’approvvigionamento finanziario oggi sta diventando la prima preoccupazione per le PMI, in mancanza di una ottima patrimonializzazione l’accesso al capitale di terzi è vitale.

Le PMI stanno agendo, a volte subendo, una profonda trasformazione che senza una pianificazione strutturata, anche nel medio lungo, potrebbe non garantire la necessaria competitività per reggere le repentine e profonde variazioni dei mercati.

Esiste un gap di competenze specifiche tra le PMI e le grandi imprese. Se è pur vero che le PMI sono molto più reattive, se non colmano questo gap integrando le competenze specifiche con partner di fiducia e solidi rischiano di compromettere seriamente il raggiungimento degli obiettivi industriali.

Molte aziende si sono già mosse, infatti:

  • il 25% delle aziende ha riconvertito la produzione su prodotti più strategici
  • il 60% afferma di dover adeguare il proprio modello operativo per riformulare il modello di business
  • il 50% intende avviare un processo di internazionalizzazione
  • oltre il 90% è consapevole di doversi rafforzare patrimonialmente sia con autofinanziamenti che con operazioni straordinarie, rimodulando l’esposizione verso terzi.

*(fonte Deloitte)

Come sempre ciò che affosserà chi si muove tardi o male è lo stesso scenario che premierà chi saprà muoversi nei tempi e nei modi più consoni.

Cosa fare è materia complessa, articolata e dipendente dal contesto.

Quando agire, subito.

L’imprenditore può decidere se fare da sé se ritiene di avere tutte le conoscenze e capacità, sconfessando quel gap di competenze, oppure farsi un esame di coscienza e, se lo ritiene, affidarsi a dei partner competenti per operare le scelte migliori verso un futuro più certo.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

24/08/2022

 

Qualcosa è cambiato

Siamo al 10 agosto della più torrida e secca estate a memoria d’uomo, che tutto invoglia fuorché di lavorare.

Buona parte degli italiani sono in villeggiatura oppure a casa in ferie, leggenda vuole che sia tutto fermo, eppure qualcosa è cambiato.

Stiamo in questo preciso momento emettendo contratti assicurativi direttamente dai portali, assistiti in remoto da colleghi in smart working; stiamo procedendo a definire pratiche di finanza ordinaria e straordinaria con dirigenti per fornire tutti i documenti ai deliberanti prima di Ferragosto; stiamo dialogando per tutte le fattispecie con i professionisti e i clienti scambiandoci documentazione e firme.

Tutto ciò era impensabile sino a un paio di anni fa, fantascientifico se rapportato agli ultimi decenni del secolo scorso.

Non sappiamo se ciò sia un bene o sia un male, la tecnologia ci ha permesso di non dover mai chiudere le attività del tutto e di essere sempre connessi.

Se ben gestita la situazione permette di essere sempre operativi e di non aver soluzione di continuità in un mondo sempre più veloce, dove un paio di settimane di ritardo possono avere pesanti conseguenze.

Se mal gestita al contrario diventa una situazione di grande stress per le persone che non riescono mai a staccare veramente dal lavoro per rigenerarsi e tornare freschi e combattivi alla quotidianità.

Occorrono organizzazione, ruoli funzioni e compiti definiti e figure interscambiabili per gestire in modo proficuo l’opportunità, senza questi presupposti si genera invece burnout e caos.

A questo giro non esterneremo “noi siamo pronti, Voi?”, siamo in ferie da sabato e lavoriamo full time ancora sino a domani a mezzogiorno per gestire ritardi e urgenze.

Metà ferie se ne andranno così, si impara dagli errori: in Studio stiamo già pensando di riposizionare responsabilità e condivisione della filiera operativa per non farci cogliere impreparati prossimamente.

Noi saremo pronti, Voi?

Buone vacanze

 

Articolo di Marco Simontacchi

10/08/2022

Trasparenza: nuovi obblighi datoriali

Scatta dal 13 agosto l’obbligo, in base al Decreto Trasparenza Dlgs 104/2022 (direttiva UE 2019/1152), con immediata applicazione sui nuovi contratti di lavoro di una informazione completa sulle condizioni contrattuali soprattutto sui contratti atipici.

Le sanzioni in caso di incompleta od omessa informativa vanno da € 250 a € 1.500 per lavoratore.

Si applica ai contratti di tipo subordinato, a tempo indeterminato, a termine, part time, a somministrazione, lavoro intermittente, parasubordinati e persino alle prestazioni occasionali.

Va consegnato al lavoratore in forma scritta al momento dell’assunzione con tutti gli elementi informativi relativi al CCNL applicato quali orari, giorni, mansioni, inquadramento.

Particolare attenzione andrebbe riposta alle mansioni. In azienda dovrebbe esistere un manuale con ruoli, funzioni e compiti, e quindi il nuovo contratto, anche in caso di cambio di mansione su vecchia assunzione, dovrebbe essere coerente con tale manuale di riferimento e chiaro dovrebbe essere per il lavoratore il contesto e i compiti assegnati.

Questo documento regolerà i rapporti di lavoro tra datore e lavoratori e prevede che sia esaustivo anche nelle informazioni sulle piattaforme digitali utilizzate nell’organizzazione ed esecuzione del lavoro, dell’uso di tali sistemi, sugli aspetti del rapporto di lavoro coinvolti, sulla loro finalità e sul funzionamento.

Il periodo di prova, compreso ferie, permessi, 104 etc, non potrà superare i sei mesi ne è possibile ripeterlo ad un successivo rinnovo contrattuale.

Va garantita una minima prevedibilità dell’orario di lavoro e dopo sei mesi il lavoratore ha diritto a chiedere una forma di lavoro più stabile.

L’intento è abbastanza evidente, si vuole dare più stabilità e coerenza soprattutto ai contratti atipici, di cui si è ultimamente a volte fatto abuso con ricadute sociali.

Le aziende non ancora allineate dovrebbero creare una più coerente organizzazione del lavoro, con suddetto manuale di ruoli funzioni e compiti redatto in modo puntuale e funzionale alle necessità aziendali, così come avere dettaglio dei flussi operativi e dei processi correlati.

Per usare una battuta è sempre più ora di abbandonare una gestione “alla viva il parroco” e diventare aziende moderne e strutturate.

Ciò presuppone inoltre il fatto di operare una vera selezione del personale, investendo di più su una scelta mirata e scientifica del personale al posto di utilizzare un turnover a basso costo per trattenere in azienda i più meritevoli.

Si farebbe infine molta chiarezza nei rapporti e nelle aspettative reciproche evitando, o perlomeno riducendo, conflittualità dovute a mancanza di chiarezza.

 

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

04/08/2022

Professionista: istruzioni per l’uso

Le complessità da affrontare per i piccoli e medi imprenditori sono ormai simili a quelle dei grandi imprenditori, con la differenza che i secondi hanno una o più linee di management a gestire le varie aree con specializzazioni sempre più marcate, mentre i primi o optano per il fai da te, con tutti i limiti di tale scelta, oppure ricorrono a professionisti a cui appoggiarsi o a cui delegare.

Molti il primo passo l’hanno compiuto e il fatto di avere uno o più consulenti, o meglio, temporary manager in azienda non è più fatto insolito.

In altre culture tale scelta è consolidata e considerata una necessità, non più una novità, l’approccio quindi è maturo e consapevole. In Italia l’approccio è ancora incerto.

Come in tutte le scelte esistono cose da evitare e altre da appuntarsi come prioritarie.

Andiamo con ordine:

La scelta

Non stiamo comprando rame ferro o un servizio generico non specialistico, stiamo scegliendo un professionista i cui consigli o le cui decisioni potranno influire in maniera anche molto decisiva sulle sorti aziendali e dell’imprenditore.

Rivolgersi all’amico dell’amico può essere di aiuto, ma non il criterio di scelta finale, va accertata la capacità anche attraverso la storia del professionista, da quanto tempo opera, che tipo di clientela segue, che referenze può vantare, se ha nella “cassetta degli attrezzi” anche quei programmi necessari a svolgere il proprio lavoro. Utilizzare prevalentemente fogli excel non è mai un buon segnale.

Non fare un’asta competitiva, un professionista serio non gioca al ribasso, può capitare che decida di fare una tariffa accomodante per brevi periodi in casi eccezionali se il cliente merita in prospettiva futura, ma rende chiaro che appena possibile le adeguerà: le tariffe al ribasso non portano mai lontano. Si ottiene ciò che si paga, chi costa poco nel tempo rende poco, se un professionista ci serve ma anche no allora lasciamo perdere, altrimenti assicuriamoci un elemento di valore, dopo averne constatata l’effettiva preparazione.

Il rapporto

Un consulente che si rispetti che deve affiancarci per un periodo di tempo abbastanza lungo tenderà a farci contratti a forfait mensile, questo non vuol dire che quindi lo si debba spremere il più possibile. Incrineremmo un rapporto e rischiamo di farci scaricare o prendere sottogamba: quella che per noi può sembrare una domanda semplice, a volte richiede studio, ricerca ed una elaborazione per dare una risposta ragionata e consapevole. Se faccio quotidianamente telefonate con richieste metto sotto pressione il professionista, che se si trova due o tre clienti simili dopo un po’ esplode. Raggruppiamo i dubbi e le domande e facciamole tutte insieme durante gli incontri programmati.

Tra cliente e professionista si deve instaurare un rapporto di fiducia reciproca, oggi spesso anche il professionista si trova nella spiacevole condizione di rischiare in solido con l’imprenditore per le proprie scelte, con la differenza che l’azienda non è sua. Evitiamo di chiedere conferma all’amico del cugino circa ogni scelta del professionista per poi tediarlo con “mi hanno detto che…”. Non c’è nulla di più irritante e deleterio per il rapporto. Se non ci si fida del professionista cambiamolo, se ci fidiamo non tediamolo, o lo perderemo.

Non mentiamo o sottaciamo alcunchè, tanto verremo scoperti e verrà a mancare la fiducia necessaria per lavorare serenamente. Un valido professionista ha visto centinaia di casi, le nostre bugie hanno le gambe veramente corte.

Utilizziamo un solo interlocutore per interfacciarci, è molto irritante e foriero di interminabili perdite di tempo per un professionista sentirsi chiamare da diverse figure per conto del cliente per la stessa cosa. Oltre a generare una indebita pressione e far perdere molto tempo è anche un abuso della pazienza del povero professionista che si trova a dover ripetere varie volte la stessa cosa a persone diverse. Il tempo è la risorsa anaelastica per eccellenza, ed è ciò che vende un vero professionista, la cui formula di successo è: conoscenza x tempo = risultato economico. Faremmo anche la figura dei pasticcioni disorganizzati.

A volte i professionisti fanno buon viso a cattiva sorte, o a pessima abitudine, sanno che è una questione culturale e i clienti italiani, vanno generalmente educati essendo per noi ancora una relazione da scoprire. Ricordiamoci però che un professionista serio e capace si pone dei limiti, oltre i quali ci lascia alla nostra sorte.

La frase spesso utilizzata tra professionisti recita più o meno: “raddrizziamo le sorti aziendali nonostante gli imprenditori”. E a volte è vero.

Voi che dite, che rapporto avete con i vostri professionisti?

 

Articolo di Marco Simontacchi

27/07/2022